Cina, Russia e Iran alla conquista del Sudamerica
(Post #108) Un altro capitolo (il terzo) che racconta la "fabbrica di instabilità" dell’America Latina
Oggi affronto un ulteriore capitolo, il terzo, relativo all’esame della fabbrica di instabilità dell’America Latina. A questo specifico ambiente di rischio geopolitico voglio, infatti, dedicare il dovuto spazio, non fosse altro perché sto raccontando i tratti caratteristici di una fabbrica d’instabilità potenzialmente molto esplosiva ma che risulta essere una delle più sottovalutate e meno conosciute. Gli scenari di rischio che vado ad affrontare oggi sono riconducibili, come introduce il titolo, al peso crescente che le società chiuse (o società illiberali) stanno assumendo in tutta l’America Latina. Questo scenario di rischio si aggiunge ai due descritti precedentemente cioè quello riconducibile alla nuova categoria geopolitica dei narcostati e a quello che riguarda lo sfruttamento delle materie prime, scenario che vede, peraltro, come principale protagonista uno degli attori di cui parleremo oggi, la Cina.
Destabilizzare e egemonizzare
In questo articolo parlerò, così, di alcuni scenari di rischio che sono legati alla penetrazione nell’area di paesi che si contrappongo in modo netto agli interessi nazionali nordamericani e, più in generale, occidentali: mi riferisco a tre entità statali distinte, Iran, Russia e Cina. E’ molto interessante osservare come queste entità stiano promuovendo specifici e distinti interessi nazionali, che sono però al tempo stesso accumunati da un obiettivo convergente. Un obiettivo che prevede la costruzione di una rete di alleanze volte a creare un blocco anti statunitense in quello che fino a poco tempo fa era il cortile di casa di Washington. A questo proposito credo si possa parlare, riferendosi agli USA, di una potenza orfana di una pensiero strategico per l’area paragonabile a quello espresso in passato con la dottrina Monroe. In questo vuoto si sono inseriti i tre nuovi attori.
La Russia, è la potenza che si muove con modalità che potremmo definire più tradizionali. Come era avvenuto in passato con Cuba, Mosca punta in primo luogo a costruire una serie di strette alleanze politico-militari con i nuovi stati dittatoriali del continente, Nicaragua, Venezuela e Bolivia. Forse il dato di maggiore novità rispetto al passato è quello dell’utilizzo degli strumenti di propaganda e disinformazione, secondo un modello ben sperimentato in altre parti del globo e che ha compiuto un salto di qualità con la guerra in Ucraina. Questo attivismo digitale, come vedremo, è finalizzato a destabilizzare i governi non allineati agli interessi di Mosca e soprattutto a disorientare le opinioni pubbliche attraverso la pianificazione di campagne di disinformazione. Questa strategia destabilizzatrice può essere pensata come la trasposizione in chiave moderna di quella che è stata la funzione delle guerriglie ispirate dal castrismo che per molti decenni hanno dettato l’agenda politica del continente.
Il ruolo giocato dall’Iran è, invece, differente, al di là del comune obiettivo di cui ho detto. Teheran si rivolge - e fa leva - sulle consistenti comunità musulmane, soprattutto provenienti dal Libano per allargare la rete terroristica e al tempo stesso raccogliere risorse attraverso l’impegno di uno dei suoi bracci armati, hezbollah, per organizzare lo sfruttamento di attività illecite.
La strategia cinese punta invece sull’arma della penetrazione economica per estendere la sua influenza giocando contemporaneamente due partite: la prima è quella che punta ad affermarsi come il primo partner commerciale dell’area e la seconda mira a conquistare il predominio all’acceso alle materie prime strategiche del continente.
Risulta evidente come questa penetrazione, che forse è andata ben oltre a quella che ci si sarebbe potuto attendere, costituisce un formidabile fattore di rischio potenziale in quanto coinvolge aspetti che pongono direttamente in pericolo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti sul piano economico, militare, della sicurezza interna e culturale. Prima o dopo la condensazione delle contraddizioni è destinata a esplodere riportando in piena instabilità la situazione del continente. La domanda che dobbiamo porci è quando questo limite verrà superato. Ciò che mi sembra certo è che, considerato il livello della penetrazione delle potenze rivali nell’area, la questione non potrà essere circoscritta nell’ambito globale, ma necessariamente avrà effetti deflagranti sul piano sistemico. Il fatto poi che il continente insista su un contesto vitale per le catene di valore globali (materie prime e materie prime critiche) farà sì che l’impatto di ogni degenerazione dello status quo abbia un impatto economico e finanziario notevole.
Siamo comunque di fronte a un rischio che va ben oltre gli aspetti meramente economici e materiali e arriva a coinvolgere i valori fondanti della democrazia e delle nostre società. E’ interessante, a questo proposito, richiamare l’analisi che è stata proposta in un lavoro della Konrad-Adenauer-Stiftung, una delle più rilevanti fondazioni di analisi e studi politici tedesca, relativamente al ruolo della Russia - ma le stesse riflessioni potrebbero essere ripetute per Iran e Cina - nella promozione e nel sostegno dei regimi autocratici. Un lavoro sul quale varrà la pena ritornare con maggiore attenzione1. Scrivono gli autori: “Possiamo distinguere tre assi tematici nell’influenza intellettuale e culturale dell’autoritarismo in America Latina: il dialogo tra le autocrazie (come tipo di regime), la diffusione di idee illiberali (come tipo di ideologia) e l’operabilità del sharp power2 (come insieme di obiettivi e forme di proiezione) (in inglese nell’originale)”.
Questa ricetta ha un’applicazione generalizzata e per nulla scontata: “La promozione autocratica nei confronti dell'America Latina è lungi dall'essere strutturata secondo le linee ideologiche del XX secolo e della Guerra Fredda, cioè. sinistra contro destra. L’avanzamento del progetto autoritario può in via prioritaria essere inteso in termini di interessi statali, guidati dalla preservazione degli interessi geostrategici e dal rafforzamento del regime autoritario3”.
Scenario di rischio: Iran tra propaganda e supporto al terrorismo
L’Iran è forse la presenza più ingombrante nel continente Latino Americano operando in stretta contiguità con forze terroristiche.
Per inquadrare la questione nei suoi termini complessivi vale la pena mettere in rilievo come la penetrazione iraniana in America Latina, che risale almeno alla fine degli anni ottanta del secolo scorso, oltre a perseguire obiettivi generali di estensione dell’influenza del regime teocratico a livello globale sia finalizzata a destabilizzare l’intera regione creando una minaccia alla sicurezza nazionale che sia percepita come tale dagli Stati Uniti. Il primo insediamento di questa presenza è stata in quello che si chiama il The Tri-Border Area, a cavallo tra Puerto Iguazu in Argentina, Ciudad del Este in Paraguay e and Foz do Iguacu in Brasile, sfruttando la presenza di una vasta comunità libanese e dove i primi gruppi hanno istallato una prima rete di attività illecite, soprattutto legate al traffico di droga.
Forse non tutti ricordano agli episodi più noti e al tempo stesso più sanguinosi che si sono compiuti nei primi ’90 del secolo scorso in Argentina. Il 17 marzo 1992 Hezbollah compie un gravissimo attentato terroristico all’ambasciata israeliana a Buenos Aires che provoca la morte di 29 persone e il ferimento di altri 242. Il 18 luglio 1994 segue un secondo attentato ancora più grave: un furgone carico di tritolo viene fatto esplodere nel garage sotterraneo dell’edificio che ospita l’Asociación Mutual Israelita Argentina (AMIA). In questo attentato i morti sono stati 85 e i feriti 300.
Nell’atto di accusa con la richiesta dei mandati di arresto nei confronti di alcuni imputati i due magistrati incaricati delle indagini, Alberto Nisman e Marcelo Martinez Burgos, indicano in modo chiaro la matrice iraniana sia a livello di mandante che di esecutori: “Dal nostro punto di vista, e nonostante le indagini in corso su questo aspetto dell’evento, l’identificazione del cittadino libanese Ibrahim Hussein Berro come l’effettivo autore dell’attacco ha fatto un’enorme differenza per le indagini, non solo perché ha contribuito a far luce su un delle principali incognite del caso, ma anche perché determinare che Berro era un membro attivo degli Hezbollah libanesi ci ha reso più facile stabilire che l’attacco è stato originato dalle più alte autorità del governo iraniano nel periodo precedente all’attacco all’AMIA”4.
Il magistrato Nisman è stato pochi anni dopo trovato morto (il 18 gennaio 2015) nella sua casa di Buenos Aires e il caso ha suscitato molto scalpore perché il Governo dell’allora Presidente Cristina Kirchner aveva classificato la morte come suicidio. Ci sono volute due inchieste giudiziarie e due pronunce della corte federale del dicembre del 2018 e del giugno del 2019 per attestare che la morte sia “senza alcun dubbio” da imputare un omicidio e che lo stesso sia una “diretta conseguenza della sua denuncia penale presentata contro l'allora presidente Kirchner e altri alti funzionari del governo argentino per il loro ruolo nella copertura dell'attacco terroristico dell’AMIA". Per ricordare il magistrato ucciso è stata fondata un’associazione per promuovere oltre al ricordo di Nisman e per denunciare la verità sull’attentato all’AMIA. Sul sito dell’organizzazione sono disponibili moltissimi documenti che dimostrano il ruolo dell’Iran e di Hezbollah nelle campagne terroristiche5 che hanno insanguinato l’Argentina colpendo la sua comunità ebraica.
Sebbene non si siano registrati attentati altrettanto sanguinosi l’attività terroristica, o per lo meno la sua pianificazione, non si è mai esaurita se si pensa che l’8 novembre 2023, poco dopo con l’attacco di Hamas nel sud di Israele, la polizia federale brasiliana ha annunciato di aver sventato un piano per un attentato in una sinagoga e al consolato israeliano a San Paolo e a Minas Gerais6.
La situazione oggi si presenta in termini più gravi: alcuni paesi dell’America Latina sono diventati basi per l’addestramento militare delle milizie filoiraniane e allo stesso tempo il centro del supporto logistico a cellule che operano anche all’interno degli Stati Uniti. Vi sono ad esempio evidenze giudiziali di come il Venezuela fornisca porti passaporti falsi a personaggi di altri paesi molto vicini al terrorismo. Secondo una denuncia del senatore della Florida Marco Rubio al Senato Americano nel 2017 ci sono prove che l’ambasciata venezuelana a Bagdad abbia rilasciato passaporti ad almeno 173 individui legati a gruppi terroristici. Questa pratica è stata anche denunciata da una indagine giornalistica della CNN7.
La minaccia terroristica non è però che una delle manifestazioni della penetrazione dell’Iran nel continente centro e sud americano. La penetrazione dell’Iran in America Latina segue due strade parallele. La prima di carattere politico e vede come principale attore l’entità statale di Teheran con tutte le sue ramificazioni. Questa azione è favorita dallo sfruttamento del sentimento antiamericano molto diffuso nella sinistra di questo continente. Teheran ha così potuto stabilire una stretta alleanza con alcuni regimi ferocemente antidemocratici, Cuba, Venezuela e Nicaragua in particolare, facendo perno su quell’Alleanza Bolivariana (ALBA - Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América) creata da Hugo Chávez e Fidel Castro nel 2004. Sarebbe comunque limitativo pensare che la penetrazione delle forze vicine ai teocrati di Teheran si possa sostenere solo sulla condivisione di una posizione contro il comune nemico statunitense. Un ruolo prepronderante è dovuto anche alla fragilità del sistema politico e soprattutto dalla diffusa corruzione che consente una capillare occupazione delle forme di sottopotere necessarie a garantire una sufficiente agibilità e libertà d’azione.
L’altro pilastro dell’influenza di Teheran si fonda sul crescente ruolo di Hezbollah, la milizia sciita libanese eteroguidata dal regime degli Ayatollah. Ad Hezbollah è affidato il compito di costruire una rete di carattere militare con il narcotraffico e le guerriglie, in modo da poter sfruttare i guadagni che derivano oltre che dallo stesso narcotraffico anche dal commercio illegali di armi e dal lavaggio del danaro.
Informazione e propaganda
In questa vera e propria azione di espansione Teheran fa inoltre largo uso di tutte le forme e gli strumenti di propaganda. Il perno dell’azione mediatica è affidata a Hispan Tv, il canale televisivo che trasmette in lingua spagnola, che è stato inaugurato nel 2011 dall’allora presidente Mahmud Ahmadineyad per promuovere sia sul piano ideologico che su quello politico il regime di Teheran. Il media dispone di una rete di corrispondenti in tutti i paesi dell’America Latina, oltre che in Spagna e si rivolge in primo luogo alle comunità musulmane ma più in generale punta a coinvolgere il pubblico hispano-hablante promuovendo una incessante propaganda anti-statunitense.
Tra gli altri obiettivi che vengono assolti dalle iniziative di propaganda vi è anche quello del reclutamento delle figure più radicali all’interno delle comunità musulmane latinoamericane e quello della raccolta di fondi. Non a caso l’attività di Hispan TV si trova spesso al centro di numerose controversie, l’ultima della quale riguarda i suoi canali social, con da ultimo il blocco da parte di X (ex Twitter) dell’account, blocco che in passato era già stato deciso da altri social e dai principali portali.
Per visualizzare le caratteristiche di questo canale di regime ho ripreso la prima pagina del sito ufficiale di un giorno a caso venerdì 22 febbraio 2024, data in cui ho iniziato a scrivere questa parte, e già essa fotografa i temi caldi dello schieramento globale a cui fa riferimento l’Iran: oltre alle notizie che riguardano la politica estera del paese, Putin e la Russia, l’antisemitismo, Cuba.
Maduro, l’alleato più fedele di Teheran
Il cuore dell’iniziativa politica iraniana si è spostata in Venezuela dove il regime di Maduro è diventato il più stretto alleato di quello di Teheran. Alleanza che permette tra l’altro di sfruttare il ruolo centrale nella gestione del narcotraffico internazionale assunta da questo paese. Un interessantissimo studio condotto da Joseph Humire presidente del think tank Center for a Secure Free Society di Washington ha censito i principali clan iraniani che operano all’interno del paese caraibico: il clan Saleh emerso durante l’inchiesta che ha portato alla luce uno dei più grandi sistemi di lavaggio di denaro (Operation Titan), il clan Nassereddine, parte integrante della catena di comando di Hezbollah e il clan Rada che opera a cavallo del confine con la Colombia8.
Il Venezuela è diventato un partner commerciale strategico per l’Iran. Il Tehran Times, che si autodefinisce “una voce ben udibile della Rivoluzione islamica e megafono per tutti i popoli oppressi della Terra” da continua evidenza dei contatti commerciali tra i due paesi. In particolare le immense riserve petrolifere venezuelane sono una merce molto interessante per Teheran che può contare sulle debolezza dell’industria estrattiva del paese latino americano per rafforzare la propria influenza economica. L’ultimo incontro ad alto livello ha portato il ministro del petrolio Oji a Caracas9. Durante una delle ricorrenti crisi che il Venezuela attraversa per la mancanza di benzina generata della disastrosa situazione delle raffinerie si è sfiorato lo scontro armato quando la marina statunitense, nell’agosto del 2020, ha requisito quattro navi battenti bandiera iraniana che trasportavano benzina verso i porti venezuelani10. Posso infine citare uno dei mille episodi di questa cooperazione che coinvolge altri paesi alleati. Lo stesso Tehran Times, ma è solo un esempio, annuncia l’iniziativa della Camera di Commercio di Teheran (TCCIMA) di promozione di un progetto di sviluppo economico destinato a Cuba e al Venezuela11.
ll petrolio non è l’unica materia prima su cui l’Iran ha messo le mani. L’altro grande sfruttamento delle risorse venezuelane riguarda l’estrazione illegale dell’oro dalle miniere amazoniche. Il gruppo assicurativo Lloyds in un dettagliato rapporto ha ricostruito la via attraverso la quale l’oro venezuelano viene utilizzato per finanziare proprio le milizie libanesi di Hezbollah. Anche questa volta non posso tacere il fatto che questa attività illegale si compia con una devastazione ambientale e sociale senza precedenti e come spesso accade nel disinteresse delle associazioni ambientaliste di casa nostra più ideologicamente marcate. Per fortuna ci sono delle lodevoli eccezioni come quella del RAISG - Amazon Network of Georeferenced Socio-Environmental Information che ha dedicato molti lavori nella ricerca e nella denuncia delle miniere illegali. Una devastazione che non ha nulla da invidiare ai ben più conosciuti assalti all’Amazzonia brasiliana.
Ovviamente queste attività illegali portano con sé il loro strascico di morti e di distruzione sociale. Proprio qualche giorno fà il crollo in una miniera illegale ha seppellito trenta lavoratori.
In un dossier del 2021 l’OCSE ha affrontato in modo approfondito la questione riconoscendo il ruolo dell’estrazione illegale nel finanziamento al terrorismo: “Si ritiene che le élite militari e politiche venezuelane, i gruppi militanti colombiani e le bande nazionali siano attori chiave in entrambe le categorie di flussi di oro nazionali. Mentre i flussi centralizzati includono trasferimenti di oro dalla BCV a governi stranieri e altre entità in Turchia, Emirati Arabi Uniti, Iran e altrove, i flussi transnazionali dispersi vanno a beneficio di una gamma più ampia e più apertamente criminale di attori, inclusi i cartelli criminali, i grupos armados colombiani organizzati (GAO) e organizzazioni terroristiche”.
Iran, non solo Venezuela
Ho parlato a lungo del Venezuela come centro e base dell’iniziativa iraniana, in realtà purtroppo sto richiamando fatti che riguardano l’intero continente. E’ estremamente interessante uno studio prodotto dal Centro strategico dell’Esercito del Perù che parte dalla “disattenzione” con cui le Amministrazioni USA guardano a questo continente, “distratte” dal confronto con la Cina e dalla guerra in Ucraina. “La rinnovata espansione dell’Iran del suo impegno politico, militare e di altro tipo nell’emisfero occidentale è una parte del suo più ampio ritorno sulla scena globale con il sostegno del denaro cinese e di un ambiente internazionale in cui la voglia di isolare e disciplinare gli attori illiberali è notevolmente diminuita. Il ritorno dell’Iran ha profonde implicazioni per gli Stati Uniti e la regione. Con la sua integrazione nei BRICS, una base di potere consolidata di amici come Venezuela, Nicaragua, Bolivia e Cuba, e altri attori chiave come il Brasile sempre più disposti a impegnarsi con esso, l’Iran ha il potenziale per sviluppare legami economici e di altro tipo più profondi nella regione rispetto a quelli di prima. Anche se l’Iran continuerà ad avere risorse limitate e dovrà concentrarsi principalmente sulla propria regione, le sue attività in America Latina integreranno le dinamiche di altri attori extra-emisferici come la Cina, nonché di gruppi subnazionali e transnazionali come Hezbollah con cui l’Iran collabora. a livello globale come surrogati, complicando il calcolo dei pianificatori strategici statunitensi nella regione.
Scenario di rischio: Penetrazione della Russia. Più vecchio che nuovo
La presenza russa si articola seguendo i canali consolidati della politica estera moscovita. Storicamente la potenza ex sovietica è presente nel continente attraverso l’alleanza con il regime cubano; dall’Havana Mosca ha quindi ereditato una rete di influenze che passa attraverso i paesi castrochavisti dell’area.
Seguendo questa impostazione tradizionale il campo di azione principale è quello della relazione politica e in parte di quella militare. La presenza nell’area serve a garantire un posizionamento prossimo ai confini degli Stati Uniti quasi a controbilanciare la presenza della potenza americana in est Europa; fin qui niente di nuovo se si pensa alla crisi dei missili a Cuba. Oggi questo obiettivo assume nuova rilevanza strategica a fronte della influenza americana in Ucraina.
Questa azione di condizionamento politico ha portato i suoi frutti dal momento che nessun paese latino americano ha introdotto sanzioni al momento della invasione della Crimea nel 2014 e più recentemente molti paesi dell’area hanno votato contro alle varie risoluzioni delle Nazioni Unite di condanna della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.
La vittoria di Milei in Argentina dopo alcuni decenni di espansione russa e dei suoi “alleati” Cina e Iran, potrebbe cambiare in prospettiva questa inerzia. Recentemente la Casa Rosada ha annunciato la volontà di realizzare un forum sudamericano a sostegno dell’Ucraina esprimendo la volontà di rompere il fronte dell’allineamento con la Russia o perlomeno della neutralità tra i blocchi.
Sul piano economico la presenza russa è, infine, soprattutto concentrata nel settore energetico, dove Mosca può sfruttare il campo di azione delle compagnie petrolifere pubbliche o in qualche modo legate al Cremlino. Se l’epicentro di questa attività sono ovviamente le nazioni amiche come Venezuela e Bolivia, la presenza si estende ad altri paesi e soprattutto Lukhoil ha raggiunto diversi accordi con il Messico.
(Dis)informare per destabilizzare
A questa azione principale la Russia ha aggiunto quello che è il suo più recente marchio di fabbrica: gli strumenti di guerra ibrida e in particolare quelli della disinformazione. Uno degli strumenti massivamente utilizzati dalla Russia passa attraverso la penetrazione dei messaggi nei media e il loro condizionamento sia per orchestrare campagne di informazioni funzionali Cremlino, sia per coordinare un vasto ecosistema allo scopo di diffondere fake news e disinformazione.
Secondo il Dipartimento di Stato Statunitense questa azione, che ha un campo di azione che abbraccia tutti i paesi del Sudamerica, opera attraverso un’organizzazione molto strutturata, team di giornalisti in Russia per la produzione di contenuti da inviare ai referenti locali per la pubblicazione sui mass media, una rete di giornalisti locali legata a contratti di consulenza12. L’azione è coordinata con le ambasciate russe presenti nei paesi latino americani e oltre alla diffusione di una narrativa di parte, ad esempio sulla guerra in Ucraina, promuove una lettura distorta della missione russa in America Latina che vede e presentata come un alfiere contro un supposto neocolonialismo. Secondo molti osservatori le opinioni pubbliche sudamericane sono molto fragili di fronte alle campagne di disinformazione. Allo stesso tempo un importante studio della Kennedy School dell’Università di Harvard evidenzia come gli utenti di internet di questa regione siano quelli più preoccupati della presenza di fake news sui social media, ben il 74,2% del campione intervistato. Questo dato è proprio il sintomo della percezione diffusa di un sistema informativo sistematicamente utilizzato per veicolare narrazioni favorevoli alle élite al potere13.
Secondo diverse denunce i media tradizionalmente vicini al Cremlino come Russia Today e Sputnik News, banditi in Europa dopo la guerra in Ucraina, sono al centro di questo ecosistema. Secondo un documento del Comitato per gli affari esteri del Congresso “Per più di un decennio, il governo russo ha utilizzato la Russia Today (RT Actualidad, online e televisione) e Sputnik Mundo (online e radio) come veicoli principali per la sua strategia informativa rivolta alle popolazioni di lingua spagnola negli Stati Uniti e in America Latina e Caraibi. Gli osservatori sostengono che i media servano a mettere in dubbio la situazione degli Stati Uniti e le politiche dei suoi alleati regionali e mettono in discussione la democrazia e la caratterizzano come autoritaria mentre i regimi chiusi vengono presentati come più adatti a risolvere i problemi sociali (in inglese nell’originale)”14. L’infografica che segue prodotta dall’organizzazione US Institute of Peace fornisce una ricostruzione delle principali articolazioni di RT nell’area.
Ci sono state anche diverse inchieste giudiziarie che hanno portato alla luce intrecci tutt’altro che leciti. Un esempio molto famoso ha riguardato l’indagine che ha coinvolto un cittadino russo Sergei Vagin, accusato di utilizzare i proventi del gioco d’azzardo per finanziare le proprie attività con i cartelli colombiani e al tempo stesso sostenere la propaganda russa nel paese e l’azione di supporto ai gruppi che si opponevano all’allora presidente Duque15.
Scenario di rischio: la Cina alla ricerca della egemonia politica e culturale
Come ho premesso la politica cinese nel continente è ispirata alla ricerca di una egemonia economica e culturale.
Se vogliamo essere obiettivi, sul piano economico non possiamo indicare la Cina come una minaccia potenziale ma molto più concretamente dobbiamo parlare di essa come di un attore già affermato della scena continentale. In questi anni Pechino ha, infatti, saputo orientare la propria penetrazione in molti paesi, imponendosi come primo partner commerciale. A partire dall’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio Pechino ha raggiunto numerosi accodi bilaterali di libero scambio. E se sul piano politico vi è una contiguità con i regimi chiusi dell’area sul piano economico le relazioni si sono aperte anche con paesi che non fanno parte di questo blocco, ad esempio la Costa Rica o El Salvador. Nella costruzione di questa rete la Cina si è accreditata come una alternativa sul piano commerciale degli Stati Uniti, che per decenni sono stati lo sbocco obbligato delle economie latino americane.
L’infografica che segue mostra i numeri di una Cina che è diventata il primo paese di provenienza delle importazioni di molte nazioni.
Nella corsa a questo primato commerciale, rimane come si può vedere l’eccezione del Messico dove gli Stati Uniti continuano ad essere il principale partner commerciale. Il dato non sorprende considerando non solo la vicinanza geografica tra i due paesi quanto soprattutto il fatto che il Messico si sta affermando come sede di rilocalizzazione di molte attività delle filiere produttive nordamericane16 e parte di quell’accordo a tre (Stati Uniti, Canada e Messico) che, per quanto rimesso parzialmente in discussione dalla presidenza Trump, definisce un continuum geografico e economico di rilevanza globale. Semmai sorprende anche in questo caso il peso della Cina che è ormai stabilmente il secondo paese di provenienza delle importazioni. Un numero che in parte è spiegato dall’utilizzo da parte delle imprese cinesi del paese centro americano come sponda per aggirare parzialmente alcuni limiti e divieti introdotti dagli USA nei confronti di Pechino.
L’altra faccia della medaglia di questi flussi di esportazioni riguarda la penetrazione della Cina nella catena di controllo delle imprese estrattive. Una penetrazione che Pechino giudica strategica per assicurare a prezzi contenuti e soprattutto in via continuativa le materie prime necessarie alla propria industria. Una strategia che nel caso dei metalli critici, come ho a lungo argomentato a proposito del Litio, punta allo stesso tempo a creare un monopolio di fatto a proprio favore17.
Una rete di infrastruttura di supporto al commercio cinese
Una parte importante di questa strategia passa attraverso la costruzione di infrastrutture, in questo caso soprattutto porti, indispensabili per garantire i flussi commerciali. Una strategia che ha un respiro globale e che si ripropone secondo le stesse modalità operative nelle rotte dell’Oceano Indiano, così come in Africa, e in Europa con il porto del Pireo in Grecia e quello di Valencia, in Spagna; questi ultimi due terminali europei della via della seta marittima. L’infografica che segue, fornisce una rappresentazione visiva del coinvolgimento cinese nella costruzione di questa rete infrastrutturale.
Una volta che tutti i progetti saranno completati la Cina avrà a disposizione in Centro e Sud America 40 scali che faranno parte di una rete globale di 95 porti, tra cui i principali per traffico movimentato a livello globale. Secondo alcuni esperti di sicurezza, la Cina punta alla costruzione di infrastrutture che siano eventualmente convertibili a un uso militare. Un utilizzo che è stato ad esempio sperimentato nel luglio del 2023 quando unità della flotta militare sono approdate nel porto del Pireo per “una visita di amicizia”.
L’hub più importante nell’area al momento è quello di Chancay, a 60 km a nord di Lima in Perù. La società statale portuale e di trasporti marittimi COSCO, dopo aver acquisito nel 2019 da Volcan Compañía Minera il 60% della azioni della struttura portuale, ha avviato lavori del valore di tre miliardi di dollari per ampliare la capcità operativa dello scalo. Come ha dichiarato Zhang Wei, amministratore delegato di COSCO Shipping Ports “L’investimento in Chancay Terminal ci ha permesso di estendere ulteriormente la nostra presenza in Sud America. Il terminal del porto di Chancay sarà il primo terminal di proprietà della compagnia in Sud America e dovrebbe contribuire a ridurre la carenza di infrastrutture portuali in Perù18”.
Per dare una visione d’assieme dell’impegno cinese nel settore infrastrutturale della regione riporto i dati del report annuale 2023 prodotto dal Network latino americano e caraibico sulla Cina19. Parliamo nel periodo considerato di un investimento di ben 104 miliardi di dollari ripartiti in 228 progetti diversi.
Tecnologie strategiche: una duplice natura
La strategia cinese non si limita a perseguire questa linea di sviluppo che potremmo oggettivizzare come hardware. Al contrario Pechino ha avviato diversi progetti in settori strategici che, secondo l’idea di Pechino, hanno la duplice valenza di sfruttare una rete di ricerca internazionale nei settori tecnologicamente più avanzati e al tempo stesso di acquisire un vantaggio sul piano strategico militare e più in generale di intelligence. Per comprendere la duplicità che è insita in queste tecnologie dovremmo riandare alla disputa si è accesa attorno alla tecnologia 5G. Di fronte alla scelta del partner infrastrutturale per la costruzione della rete di comunicazione per la nuova tecnologa i governi occidentali si sono dovuti interrogare sulle implicazioni di potenziali falle di intelligence derivanti dall’adozione di un fornitore cinese come Huawei.
Considerando che scopo di queste pagine è quello di mettere in evidenza il potenziale di rischio che deriva dalle trasformazioni che si stanno consolidando dentro e fuori le fabbriche di instabilità per spiegare la percezione della portata dello scontro attorno al 5G non trovo di meglio che lasciare direttamente alle parole di un politico statunitense influente di campo repubblicano, Newt Gingrich, l’ex speaker della Camera. Se vogliamo comprendere il rischio, infatti, cioè che conta è conoscere il modo con il quale i soggetti percepiscono e interpretano le potenziali minacce. “Infine, anche la grande quantità di informazioni che fluiranno attraverso le reti di comunicazione mondiali potrebbe essere messa a disposizione del Partito Comunista Cinese conoscendo la storia di spionaggio e di violazione delle regole che fanno presumere come lo stesso si comporterà nel settore delle telecomunicazioni a livello mondiale. Se il partito controlla l’infrastruttura di supporto all’internet globale, la privacy personale e le libertà individuali non faranno parte di alcuna considerazione nessuna equazione. Il Partito Comunista estrarrà in modo aggressivo i dati personali da ogni dispositivo che tocca la rete. Non ci sarà nessuno a fermarli”. E la conclusione è quanto mai esplicita: “La competizione sul 5G è la prima grande competizione strategica nella lotta tra il Partito Comunista Cinese e gli Stati Uniti. Ad oggi stiamo perdendo”20.
Che comunque tutto questo non possa essere relegato a mera fantapolitica o a complottismo può aiutarci riandare alle periodiche polemiche sul social Tik Tok. L’accusa più ricorrente rivolta al contenitore è quello di essere permeabile alle “orecchie” delle autorità di Pechino che possono in questo modo non solo spiare i comportamenti di milioni di cittadini ed eventualmente orientare le loro posizioni ma anche introdursi nei sistemi informativi sui quali l’applicazione è installata21.
Tra i settori strategici un ruolo determinante è stato assunto dall’aereospaziale e quello delle comunicazioni satellitari verso il quale la Cina ha indirizzato molte risorse
Assume particolare rilievo la cooperazione nell’industria satellitare tra Cina e Brasile, una cooperazione che risale addirittura agli anni ‘80 del secolo scorso, e che quindi prescinde dal colore del governo in carica a Brasilia, ma che assume un rilievo del tutto nuovo alla luce della competizione tra Stati Uniti e Cina22. Un programma di cooperazione è stato esteso ad altri paesi Nicaragua, Venezuela e Bolivia, anche se non può essere paragonato per estensione, tecnologie e concretezza dei progetti con quello brasiliano. In questo senso fa sorridere, se non fosse grottesco in un paese ridotto allo stremo, il pomposo annuncio del dittatore venezuelano Maduro, di un prossimo astronauta del paese caraibico sulla luna23.
E la propaganda?
Sul piano politico il primo obiettivo non può che essere l’ulteriore isolamento internazionale di Taiwan. Dopo che progressivamente i pochi paesi che riconoscevano ufficialmente Taiwan hanno ceduto alle insistenze di Pechino tagliando le relazioni diplomatiche con la democrazia taiwanese i due paesi più importanti che rimangono fedeli alle loro posizioni sono il Guatemala e il Paraguay. Il recente cambio di schieramento politico in Guatemala e la vittoria della sinistra con l’elezione del presidente Bernardo Arevelo è stata interpretata da Pechino come un’occasione per premere sul paese centro-americano affinché cambi la sua posizione diplomatica. Ad oggi la posizione della nuova presidenza è interlocutoria, avendo dichiarato che le relazioni diplomatiche sono con Taiwan, mentre quelle economiche con la Cina.
Sebbene la strategia cinese si presenti come più moderna e per certi versi più accattivante rispetto a quella forse più brutale di Iran e Russia dietro alla prima linea della penetrazione economica si ritrovano gli stessi strumenti di egemonia culturale e politica di cui abbiamo parlato.
Lo strumento globale in questo campo è la rete formata dagli Istituti Confucio che come la gran parte delle iniziative cinesi si muove sul doppio binario della presenza culturale e di quella non altrettanto “pacifica” di veicolatore di narrazioni distorte. In America Latina la diffusione di questi istituti è capillare con un presenza diffusa anche all’interno di campus. La contiguità con le istituzioni universitarie è precipua del modello cinese che attraverso finanziamenti e il coinvolgimento di accademici e ricercatori in progetti finanziati dall’istituto punta a limitare i contenuti su argomenti critici per Pechino. In un documento del 2019 l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch ha esplicitamente denunciato: “China: Government Threats to Academic Freedom Abroad”24, arrivando a proporre un codice di condotta per le Università che accettano di partecipare a programmi promossi dalla Cina.
Una situazione esplosiva
Quindi, in estrema sintesi, dal punto di vista geopolitico il continente Latino Americano sta profondamente cambiando. L’egemonia statunitense sta progressivamente venendo meno, sia per la presenza di maggioranze politiche che vedono negli USA un nemico ideologico, sia per la penetrazione nell’area delle tre principali potenze rivali. Quello che sarebbe un normale avvicendamento nelle zone di influenza assume connotati molto particolari in presenza di entità statali che hanno nel loro DNA la contrapposizione alla potenza americana.
Questo cambiamento, potrebbe, quindi, trasformandosi per Washington in un problema di sicurezza nazionale: concorrenza nella corsa alle materie prime, perdita del primato commerciale, perdita della egemonia culturale e affermazione di ideologiche autocratiche, creazione di un blocco politico anti-occidentale. Al profilo economico si aggiungono le minacce militari e terroristiche che mai come in questo caso si insediano alla “porta di casa”.
In generale la penetrazione di regimi e ideologie autoritarie limita lo sviluppo della democrazia nell’area e rafforza i paesi dittatoriali, con la triste prospettiva che il continente uscito solo pochi decenni fa dalle dittature militari si indirizzi verso un prolungamento dei regimi antidemocratici.
Fino ad ora gli Stati Uniti e la stessa Europa - che ha, Spagna e Italia prima di tutti, legami storici con i paesi centro e sud americani oltre ad avere grandi comunità nazionali immigrate nel secolo scorso - non hanno sviluppato alcuna azione significativa per, almeno, garantire i propri interessi economici e politici. Le iniziative messe in campo dalla Amministrazione Biden sono state molto timide e limitate. Nel giugno del 2022 la Casa Bianca ha lanciato l’Americas Partnership for Economic Prosperity con l’obiettivo esplicito di contrastare la presenza cinese nella regione. Fino ad ora però il progetto si è limitato all’organizzazione di un summit che si è tenuto solo il 3 novembre 2023 a cui ha partecipato un numero ridotto di paesi: Barbados, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, the Repubblica Domenicana, Ecuador, Messico, Panama, Peru, Stati Uniti, and Uruguay. La conclusione del summit ha portato a una generica condivisione di intenti molto generici, che vanno dal rafforzamento della competitività e integrazione regionale alla costruzione di infrastrutture sostenibili, dalla promozione della salute a un impegno a incontrarsi annualmente. Il tutto promuovendo “la consultazione e la partecipazione delle comunità sottorappresentate, come le popolazioni indigene, gli afrodiscendenti, le donne, i giovani, le persone LGBTQI+, gli anziani, le persone con disabilità e i membri delle popolazioni rurali”25. Quasi nulla, anzi il nulla rispetto alla concretezza dell’iniziativa cinese. In fin dei conti la mancata iniziativa di Biden rispetto all’America Latina ha sorpreso un po’ tutti. Alla vigilia della sua elezione tutti i commentatori avevano messo in luce che durante la sua vicepresidenza si era mosso nel continente come mai nessun altro suo predecessore. La prestigiosa è influente rivista The Atlantic aveva addirittura titolato il 26 ottobre 2020, pochi giorni prima della sua elezione “The Biden Doctrine Begins with Latin America”26. Un impegno che si era peraltro consolidato quando Biden, potente senatore democratico, aveva aiutato la presidenza Clinton a costruire i piano di supporto allo sviluppo della pacificazione in Colombia.
L’inerzia dell’amministrazione ha suscitato critiche bipartisan e deputati e senatori si sono attivati autonomamente per una ripresa dell’iniziativa statunitense nell’area. Ad esempio i senatori repubblicani Maria Elvira Salazar (FL) e Bill Cassidy (LA) hanno presentato un progetto di legge, Americas Trade and Investment Act (Americas Act), per creare una permanente partnership con i paesi latino americani, che prevede anche incentivi per la rilocalizzazione di parti delle filiere produttive oggi dislocate in Cina e la firma di un accordo di libero scambio sul modello di quello tra US, Canada e Messico
Queste contraddizioni aprono a un potenziale scontro, che sarà tanto più devastante tanto più si rafforza la presenza di Russia, Cina e Iran, creando le condizioni di un punto di non ritorno. Anche per queste ragioni quindi la fabbrica di instabilità dell’America Latina è una delle più esplosive.
Guida alla lettura
Questo articolo fa parte del progetto di mappatura delle fabbriche di instabilità.
Per avere un quadro organico di quanto già pubblicato riassumo gli articoli che ho dedicato a questo progetto.
Definizione concettuale della categoria geopolitica di fabbrica di instabilità
Fabbrica di instabilità Bacino del Mediterraneo
Fabbrica di instabilità America Latina
Scenario di rischio: la nuova categoria politica dei narcostati
La penetrazione di Iran, Russia e Cina
SEGUE :::
Claudia González Marrero e Armando Chaguace, Russia’s Sharp Power in Latin America. Global Autocracy, Regional Influence, Konrad-Adenauer-Stiftung, 2022 - https://dialogopolitico.org/wp-content/uploads/2022/02/Belegexemplar-22-02-14-DP-Enfoque-7-English.pdf
Per sharp power si intende la manipolazione delle politiche diplomatiche al fine di disarticolare e allo stesso tempo influenzare il sistema politico di un paese. Il termine “sharp power” è stato utilizzato per la prima volta in un articolo apparso il 16 novembre 2017 sulla rivista Foreign Affairs (Christopher Walker e Jessica Ludwig, The Meaning of Sharp Power: How Authoritarian States Project Influence)
Ibidem
Request for Arrests, pagina 6 - https://albertonisman.org/wp-content/uploads/2015/03/2006-Nisman-indict-AMIA-full-ENG_.pdf
Celano B. Romerio, Rising, Concerns about Hezbollah in Latin America Amid Middle East Conflict, Wilsono Center, 1 1 dicembre 2023 - https://www.wilsoncenter.org/blog-post/rising-concerns-about-hezbollah-latin-america-amid-middle-east-conflict
Scott Zamost, Drew Griffin, Kay Guerreros Rafael Romo, Venezuela may have given passports to people with ties to terrorism, CNN, 14 febbraio 2017 - https://edition.cnn.com/2017/02/08/world/venezuela-passports-investigation/index.html
Joseph M. Humire, The Maduro-Hezbollah Nexus. How Iran-backed Networks Prop up the Venezuelan Regime, Adrien Arsht Latin America Center - Atlantic Council, 2020 - https://www.atlanticcouncil.org/wp-content/uploads/2020/10/The-Maduro-Hezbollah-Nexus-How-Iran-backed-Networks-Prop-up-the-Venezuelan-Regime.pdf
Oji meets with Venezuela’s top officials to discuss expansion of ties, in Tehran Times, 4 febbraio 2024 - https://www.tehrantimes.com/news/494518/Oji-meets-with-Venezuela-s-top-officials-to-discuss-expansion
Humeyra Pamuk e Mark Hosenball, U.S. says seized four Iranian fuel shipments en route to Venezuela, in Reuters 15 agosto 2020 - https://www.reuters.com/article/idUSKCN25A23M/
TCCIMA offers Iran-Cuba-Venezuela economic co-op model, in Tehran Times, 22 maggio 2023 - https://www.tehrantimes.com/news/484975/TCCIMA-offers-Iran-Cuba-Venezuela-economic-co-op-model
Mojtaba Pourmohsen, Iran Smuggling Venezuelan Gold To Finance Hezbollah: Document, in Iran International, 12 dicembre 2022 - https://www.iranintl.com/en/202212124467
María Ramírez Cabello, Gold mining devastation beneath the eyes of Roraima Tepuy, in RAISG, 5 giugno 2020, tratto a sua volta da un articolo apparso sul Correo del Caroni, uno dei pochi giornali indipendenti dello stato dell’oriente venezuelano, Bolivar - https://www.raisg.org/en/radar/gold-mining-devastation-beneath-the-eyes-of-roraima-tepuy/
Andreina Itriago Acosta e Fabiola Zerp, Illegal Mine Collapse Buries Gold Workers in the Venezuelan Amazon, in Bloomberg News, 21 febbraio 2024 - https://www.bnnbloomberg.ca/illegal-mine-collapse-buries-gold-workers-in-the-venezuelan-amazon-1.2037538
OCSE, Gold Flows from Venezuela. Supporting due diligence on the production and trade of gold in Venezuela, 2021 - https://mneguidelines.oecd.org/Gold-flows-from-Venezuela-supporting-due-diligence-on-the-production-and-trade-of-gold.pdf
Evan Ellis, Iran’ Re-engagement with Latin America, CEEEP, 9 novembre 2023 - https://ceeep.mil.pe/2023/11/09/reanudacion-de-las-relaciones-de-iran-con-america-latina/?lang=en
Per una approfondimento delle strategie russe le continente centro e sud americano, anche sul piano storico si rinvia a Fabiana Sofia Perera, Russia and Latin America: Flexible, Pragmatic, and Close, George C. Marshall European Center for Security Studies - https://www.marshallcenter.org/en/publications/marshall-center-books/russias-global-reach-security-and-statecraft-assessment/chapter-5-russia-and-latin-america-flexible-pragmatic-and
U. Klyszcz, Russia’s Changing Latin America Strategy, PONARS EURASIA 5 febbraio 2024 - https://www.ponarseurasia.org/russias-changing-latin-america-strategy/
La produzione scientifica di PONARS EURASIA (Program On New Approaches to Research and Security in Eurasia) è molto interessante dal momento che il programma è costituito da un network di 140 accademici che operano negli Stati Uniti e nei paesi ex sovietici che ha lo scopo di promuovere le conoscenze accademiche in campo geopolitico ed economico.
U.S. Department of State. Russian Disinformation Advances in Latin America, 7 novembre 2023 - https://www.state.gov/the-kremlins-efforts-to-covertly-spread-disinformation-in-latin-america/
Aleksi Knuutila, Lisa-Maria Neudert, and Philip N. Howard, “Who Is Afraid of Fake News? Modeling Risk Perceptions of Misinformation in 142 Countries,” Harvard Kennedy School, Misinformation Review, April 12, 2022, https://misinforeview.hks.harvard.edu/article/who-is-afraid-of-fake-news-modeling-risk-perceptions-of-misinformation-in-142-countries/
Mark P. Sullivan, Background and Questions for Hearing on Russia’s Influence in Latin America and the Caribbean, 15 luglio 2022 - https://www.congress.gov/117/meeting/house/115002/documents/HHRG-117-FA07-20220720-SD001.pdf
Loren Moss, “Alleged Russian Spy Charged . . . with Running a Gambling Mafia,” Finance Colombia, April 12, 2022, https://www.financecolombia.com/alleged-russian-spy-chargedwith-running-a-gambling-mafia/
Le catene globali di valore sono una tigre di carta
Dopo aver indicato quelli che plausibilmente saranno i principali fattori di rischio che caratterizzeranno l’anno a venire passiamo ora ad approfondire i singoli scenari individuati. Aggiungiamo così oggi un ulteriore approfondimento alla presentazione del tema della
Metalli critici. Le mani cinesi sulle risorse sudamericane
Torno, come ho annunciato la settimana scorsa, a parlare di fattori di rischio che, pur non in via esclusiva, trovano un loro specifica collocazione nella regione geografica del continente latino-americano. Mi ripeto, ricordando quanto ho scritto nel precedente articolo dedicato all’Ecuador e all’emergenza dei narcostati
COSCO Shipping Ports Buys Stake in Peruvian Chancay Terminal, in Maritime & Transport Business Solutions - https://www.mtbs.nl/cosco-shipping-ports-buys-stake-in-peruvian-chancay-terminal/
Il network latino americano e caraibico sulla Cina (RED ALC-China in spagnolo) creato e dall’Universidad del Pacifico che promuove a tutti i livelli le relazioni con Pechino e che dallo stesso è sostenuto - Monitor of Chinese Infrastructure in Latin America and the Caribbean 2023, Luglio 2023 - https://www.dusselpeters.com/385.pdf
Newt Gingrich, Trump vs China. Facing America's Greatest Threat”, Hachette, 2019
Tik Tok … alla porta della nostra sicurezza
Siamo arrivati al terzo appuntamento dedicato all’esame dell’universo di una nuova categoria di rischi connessi in vario modo all’esplosione della quantità, della disponibilità e dell’importanza dei dati. Questa crescita, come abbiamo visto con il primo articolo di questa serie
Ana Soliz de Stange, China and Brazil’s Cooperation in the Satellite Sector. Implications for the United States?, in Journal of Indo-Pacifico Affairs, maggio-giugno 2023 - https://media.defense.gov/2023/Jun/14/2003241445/-1/-1/1/08%20DE%20STANGE_VIEW.PDF/08%20DE%20STANGE_VIEW.PDF
Ling Xin, China will train Venezuelans as astronauts to join Beijing’s moon project, says visiting President Nicolas Maduro, in South China Morning Post, 15 settembre 2023 - https://www.scmp.com/news/china/science/article/3234635/china-will-train-venezuelans-astronauts-join-beijings-moon-project-says-visiting-president-nicolas
Human Rights Watch, China: Government Threats to Academic Freedom Abroad, 21 marzo 2019 - https://www.hrw.org/news/2019/03/21/china-government-threats-academic-freedom-abroad
Declaration of the Leaders of the Americas Partnership for Economic Prosperity, 3 novembre 2023 - https://uy.usembassy.gov/declaration-of-the-leaders-of-the-americas-partnership-for-economic-prosperity/
Christian Paz, The Biden Doctrine Begins with Latin America, in The Atlantic, 26 ottobre 2020 - https://www.theatlantic.com/international/archive/2020/10/joe-biden-foreign-policy-latin-america/616841/