Le violenze in Ecuador. Un’occasione per far luce su una modernissima categoria geopolitica: i narcostati
La prima di una serie di riflessioni sulla “polveriera” di contraddizioni dell’America Latina: una delle fabbriche di instabilità a livello globale
Prendo spunto da quanto sta avvenendo in Ecuador per dar vita a un percorso a cui tengo molto e che avrà anche dei prossimi momenti di discussione condivisa nell’ambito delle riunioni del Comitato rischi di BM&C Società Benefit. Mi riferisco a due temi per alcuni aspetti convergenti, in altri dai profili del tutto autonomi: la crescita del mondo hispano-hablante nel contesto geopolitico ed economico globale e l’affermarsi del Centro e Sud America come una delle più rilevanti fabbriche di instabilità sul fronte dei rischi sistemici.
Questo inquadramento generale - il secondo con riferimento alla fattispecie - fornisce un senso ai fatti dell’Ecuador, proponendo elementi interpretativi chiave che rimarrebbero sotto traccia in una proposizione che definirei “tradizionale” dei fenomeni latinoamericani. In questo senso l’errore più grande di lettura che possiamo compiere sarebbe quello di considerare l’esplosione di violenza in tutto il paese semplicemente come uno dei tanti episodi in cui si manifesta la potenza dei gruppi di narcotrafficanti in America Latina. Sarebbe un grave errore di lettura perché la violenza esplosa in questi giorni è in realtà solo uno dei modi di manifestarsi di tendenze che stanno cambiando gli assetti politici ed economici del continente sudamericano. Trasformazioni talmente rilevanti che mi spingono a catalogare quest’area geografica come uno dei principali incubatori di rischio su scala globale. Di questa valutazione avremo comunque modo di argomentare nei prossimi mesi.
Il peso della criminalità organizzata
Arriviamo a ciò che sta avvenendo in Ecuador in questi giorni.
Il fattore detonante “ufficiale” delle violenze è stata la reazione del Presidente Daniel Noboa alla evasione dal carcere di Josè Adolfo Macias conosciuto con il soprannome di Fito, capo de Los Choneros, il cartello più potente dell’Ecuador. In realtà la fuga è stata scoperta solo successivamente alla evasione in quanto il criminale si era fatto sostituire in carcere da un sosia in modo da ritardare l’avvio delle attività di ricerca. Si coglie già da questa dinamica la relativa libertà di azione che le gang dispongono all’interno degli istituti penitenziari.
Fito si è affermato come capo de Los Choneros al termine dei sanguinari scontri interni alla banda iniziati dopo l’assassinio del leader storico del gruppo, Jorge Luis Zembrano, nel 2020. Lo scontro per la successione è stato, peraltro, così profondo da ridisegnare la mappa del crimine organizzato con la nascita di nuovi gruppi, la formazione di nuove alleanze o la rottura di quelle storiche ovvero l’attenuarsi o il rinfocolarsi di rivalità sanguinarie.
L’infografica che segue fornisce una rappresentazione sintetica del fenomeno dei gruppi criminali che tengono in ostaggio il paese1.
La lunga fase di violenza che ha accompagnato il riassetto del crimine organizzato, ha trasformato l’Ecuador nel paese con il maggior tasso di omicidi di tutta l’America Latina. A settembre 2023 l’Ecuador ha registrato, infatti, un tasso di omicidi pari a 42,8 casi ogni 100.000 mila abitanti seguito in questa drammatica classifica dal Venezuela, 40,8, e dall’Honduras, 35,12.
Un’azione coordinata
La reazione della Presidenza alla sfida dei narcos è stata questa volta molto dura e ha portato alla tempestiva emanazione dei Decreti esecutivi n. 110 e n. 111 con i quali è stato proclamato la stato di emergenza ed è stata dichiarata l’esistenza di un “conflitto armato interno”. In forza di questo decreto è stato dato mandato a polizia e forze armate di ristabilire l’ordine nel paese utilizzando tutti i mezzi necessari. Lo stesso decreto definisce i diversi gruppi di criminali: sono 22 quelli richiamati nel decreto, e gli stessi vengono equiparati alla stregua di organizzazioni terroristiche.
Se è vero che la svolta repressiva è stata colta dai leader dei gruppi narcos come una inedita minaccia mortale alla piena agibilità, allo stesso tempo sarebbe sviante pensare a un semplice meccanismo di causa-effetto. Che l’evasione non sia un episodio isolato e decontestualizzato è d’altra parte confermato dalla quasi contestuale fuga dal carcere di un altro boss dei narco, Fabricio Colón Pico, leader del cartello de Los Lobos, accusato tra l’altro di essere il mandato del fallito attentato al Procuratore generale nazionale.
Tornando più indietro di qualche mese: questa estate, pochi giorni prima dello svolgimento delle elezioni presidenziali di agosto a Quito viene assassinato, in un’azione attribuita ai gruppi narcos, il candidato centrista Fernando Villavicencio, giornalista impegnato nella lotta contro la corruzione e il crimine organizzato. Un’azione coordinata che voleva essere soprattutto un segnale a tutta la politica. Un attentato in pieno giorno, con 40 colpi sparati al candidato che aveva appena terminato il suo comizio mentre nel perimetro della manifestazione esplodevano diversi ordigni con un bilancio di un morto e di nove feriti.
L’articolo 4 del decreto n. 111 elenca le organizzazioni narcoterroristiche contro le quali si rivolge l’azione repressiva dello stato3. Il numero delle organizzazioni richiamate è già di per sé un indicatore della profondità della penetrazione dei gruppi criminali nel paese.
L’azione golpista dei narcotrafficanti si inquadra in una precisa iniziativa volta ad alzare il livello dello scontro in una sorta di strategia del terrore puntando alla caduta di Noboa e il ritorno a un governo più allineato agli interessi dei narcotrafficanti.
In poche ore, il 9 gennaio, si è così scatenato il caos con azioni di guerriglia in tutto il paese con omicidi e rivolte in tutte le carceri con la cattura di centinaia di ostaggi tra le guardie carcerarie, alcune delle quali trucidate in diretta social. L’azione più eclatante è stata però l’incursione armata durante le trasmissioni in diretta alla TC Television di Guayaquil, città che è il centro economico del paese.
Come interpretare quanto sta avvenendo
Il primo errore di interpretazione che possiamo compiere sarebbe quello di non cogliere una regia coordinata e finalizzata dietro a queste azioni, errore che come abbiamo detto in apertura coinvolge molti osservatori internazionali, che non hanno colto le novità della scena latino americana. Posso citare come esempio, e allo stesso tempo come pretesto per argomentare, un articolo sul Corriere della Sera di Roberto Saviano, per molti versi interessante, che prova a inquadrare la portata degli avvenimenti arrivando correttamente a parlare di un tentativo di narcogolpe e descrivendo il contesto della criminalità in alcuni paesi latino americani. Parlando di quello che sta accadendo in Ecuador si ricorre ad alcune “vecchie” letture che non si adattano alla evoluzione del panorama sudamericano. Nell’articolo si parla di: “un disordine diffuso, non pianificato, solo alimentato con il passaparola con parole d’ordine su Tik Tok e Istagram”4.
Al contrario, come molti osservatori latino americani hanno osservato, se è vero che i gruppi narcos perseguano una loro strategia essa in gran parte coincide con quella dei gruppi politici che sostengono l’ex presidente corrotto Rafael Correa.
Una nuova categoria geopolitica: il narcostato
Prima di proseguire nei nostri ragionamenti dobbiamo, però, aprire un’ampia parentesi indispensabile per inquadrare il caso Ecuador dentro un processo più vasto e di portata globale che si riferisce alla nascita di un nuovo soggetto geopolitico istituzionale il narcostato, inteso come una organizzazione statale che ai massimi livelli governativi è collusa e infiltrata se non addirittura coincidente con le organizzazioni criminali. Uno stato dove intere parti dell’apparato sono a servizio dei narcotraffici.
Mi riferisco, pertanto, a una nuova categoria di Stato che trova fondamento in un contesto di illegalità che assume addirittura la caratteristica di carattere fondante dell’organizzazione statale. In realtà i narcostati, anche in quanto fenomeno ancora in via di definizione, rappresentano un insieme eterogeneo che contiene, a fianco della predominanza delle attività illegali, situazioni eterogenee, anche se leggendo in prospettiva le situazioni più acerbe, si possono riconoscere i tratti distintivi di questo aggregato.
La domanda che voglio prevenire riguarda l’effettiva importanza di questa fattispecie nella disanima dei rischi che riguardano le economie e i sistemi finanziari. Dovendo rispondere sul piano degli effetti diretti, l’importanza è sicuramente marginale. D’altra parte una delle caratteristiche delle entità statali di cui sto parlando è proprio rappresentata da una situazione di pressoché totale dissesto economico. In questo senso i narco-stati si pongono ai margini dell’economica globale. Se però spostiamo l’attenzione su un piano più indiretto e esaminiamo il loro ruolo come motori della instabilità possiamo renderci conto della ben diversa rilevanza geopolitica. Indirettamente quindi essi costituiscono una formidabile arma in grado di allearsi e di prestare sostegno a ben più concrete minacce all’ordine economico mondiale.
La prima ragione che giustifica la rilevanza di queste esperienze è la loro estrema “novità”. Assumendo la descrizione che ne ho dato precedentemente ci possiamo infatti rendere conto di trovarci di fronte a qualcosa di inedito. Questa caratteristica balza immediatamente di fronte agli occhi considerando soprattutto l’esperienza del Venezuela. Al di là di ogni rappresentazione che la sua leadership si dà e soprattutto della percezione esterna, l’attuale gruppo di potere ha come elemento strutturale il perseguimento di una posizione di forza che gli deriva dallo sfruttamento del narco-traffico. E’ interessante notare come questa natura predatoria si sia rapidamente adattata a una più generalizzata appropriazione delle materie prime del paese che sono diventate disponibilità privata della oligarchia nazionale e dei suoi alleati internazionali. Ma la grande modernità di questa esperienza è quella di aver asservito a questo obiettivo criminale un impianto ideologico e una narrazione, in questo caso “il socialismo del XXI secolo”. Questa narrazione opera al tempo stesso come collante ideologico interno e come catalizzatore di un sentire che non sarebbe in nessun modo ottenuto qualora il regime si presentasse nella sua vera essenza. Mai era risultata così evidente la discrasia tra realtà e narrato. Eppure il traino ideologico è in grado di trasformare il percepito. E qui ritorniamo a una mia ricorrente proposizione riguardante la sfida alle società aperte.
Ma ancor prima dobbiamo tornare alla domanda originaria, qual è il peso di questo fenomeno misurato in termine di generazione del rischio? La risposta è, in questo caso, che il potenziale di rischio che esse esprimono è “elevato”.
In primo luogo perché queste realtà sono difficili da eradicare visto il loro elevato grado di resilienza che nasce dal mix di disponibilità economiche e distorta percezione esterna.
Ma per mantenere vivo questo potenziale questi stati sono in qualche modo obbligati ad alimentare una situazione di forte instabilità trascinando i paesi vicini nel buco nero della destabilizzazione. Ancora una volta il Venezuela può essere assunto ad esempio essendo diventato il punto di riferimento e di sostegno ad ogni avventura destabilizzante, dal Foro di San Paolo, all’alleanza con le FARC e alla conseguente minaccia alla democrazia colombiana, dall’ospitalità al corrotto Correa alle forniture a Cuba, dalla presenza sul territorio di Hezbollah, al fronte unico con i tiranni di tutto il mondo (Nord Corea, Iran, Russia, ecc.). L’invasione Ucraina ha visto il paese fare immediato fronte unico con Putin. Basterebbe guardare alla rilevanza di questo blocco nei voti espressi nelle Nazioni Unite nelle situazioni che coinvolgono il rispetto dei diritti umani. Ma questo effetto di destabilizzazione ambisce a costruire una rete di alleanze su scala globale come hanno dimostrato le recenti indagini sul finanziamento di Caracas alle forze populiste e di estrema sinistra in Spagna e Italia.
In seconda battuta è evidente come la sussistenza di entità statali che si muovono con obiettivi che si pongono al di fuori dei tradizionali comportamenti del diritto internazionale e che dispongono di risorse al di fuori di ogni controllo aumenta la potenza di fuoco dell’attività criminale su scala globale. Le entità e le strutture statali sono poste a servizio delle attività criminali. Senza contare l’effetto diretto sia sulle vittime del traffico che soprattutto in termini di perturbazione dell’ordine costituito degli altri paesi (corruzione, riciclaggio, alterazione dei sistemi finanziari, ingerenza nei momenti politico-elettorali).
Infine proprio la resilienza di cui si è appena parlato rappresenta un ostacolo al loro contrasto, anche perché consente di mitigare l’effetto delle sanzioni. E’ ancora peraltro tutto da valutare - anche alla luce della relativa novità dell’esperienza - la capacità di rappresentare da modello per altri stati falliti.
La Siria: dalla guerra nasce il narcostato
Qualche tempo fa il New York Time ha lanciato l’allarme sulla dinamica che progressivamente sta portando la Siria a trasformarsi in un narcostato5. Con questo termine,e mi ripeto, si intende una situazione caratterizzata dal fatto che la produzione della droga e il suo traffico costituisce un’attività gestita direttamente da pezzi importanti dell’apparato statale soprattutto militare e non una mera attività illecita, per quanto estesa e devastante, che opera all’interno di un paese, come quella ad esempio dei cartelli messicani, o quella gestita dalle FARC, il gruppo guerrigliero di estrema sinistra colombiano.
Le risorse economiche che provengono dai traffici di stupefacenti non costituiscono il provento dei gruppi criminali ma diventano risorse essenziali per sostenere economie completamente allo sbando, oltre che la fonte per mantenere lo standard elevato di vita dell’élite di potere.
Il quotidiano newyorkese ha denunciato come il traffico della droga sia diventato un business multimiliardario capace di superare il totale delle esportazioni legali. Gli fa eco un’altra inchiesta del Guardian del maggio 2021 che spiega come il business sia ormai “a growth industry so big and sophisticated that it is starting to rival the GDP of the flatlining economy itself”6. Nello specifico la produzione e il commercio siriano si concentra sulla sostanza stupefacente Captagon, una droga derivata delle famiglie delle anfetamine, che è conosciuta come “la cocaina dei poveri”. Captagon è il nome commerciale di un farmaco sviluppato negli anni '60 e prescritto come trattamento per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), narcolessia e depressione.
Il principale mercato di esportazione sono al momento i paesi del golfo dove la droga è molto popolare, ma ormai il raggio di azione si è ampliato enormemente come dimostrano i sequestri di tre navi che trasportavano la droga in Grecia e nel porto di Salerno nel mese di luglio del 2021. La notizia aveva fatto scalpore soprattutto per la quantità sequestrata, 84 milioni di tavolette di droga, per un valore record di 1,1 miliardi di dollari.
Più o meno dal 2018 la guerra ha portato il regime ad appropriarsi completamente del mercato subentrando ai vari trafficanti locali che gestivano il business in proprio e con collegamenti con esponenti del regime7. Sempre secondo l’inchiesta del NYT la produzione e la distribuzione è gestita direttamente dal regime e in particolare dagli ufficiali della Quarta Divisione dell’esercito siriano, un’unità di élite comandata dal fratello più giovane di Assad, Maher al-Assad. Il traffico coinvolge alti vertici del regime e il gruppo libanese sciita Hezbollah. Ne è prova anche l’uso di strumenti sofisticati per il traffico: il 21 ottobre del 2021 i militari giordani hanno abbattuto un drone sconosciuto proveniente dalla Siria, scoprendo poi tra i relitti il carico di captagon8.
I numeri del traffico sono impressionanti dal momento che, secondo un report del Center for Operational Analysis and Research (COAR), le “esportazioni” di captagon siriano hanno raggiunto il valore di 3,36 miliardi di dollari9. Per fornire un termine di paragone il PIL stimato della Siria della Banca Mondiale è pari a 65 miliardi di dollari (ultimo dato 2019), quindi con un peso del narcotraffico superiore al 5%. Nello stesso anno le esportazioni siriane hanno prodotto 630 milioni di dollari, cinque volte meno di quello che ha reso il traffico di anfetamine. In questo modo il traffico di droga è diventato una fonte vitale di risorse per il regime per aggirare le sanzioni economiche e procurarsi flussi di denaro con cui finanziare le élite e in parte la guerra.
L’Afghanistan: il padrone dell’oppio
L’Afghanistan è, come riporta il World Drug Report 2021 redatto dalle Nazioni Unite, un “chiaro esempio della connessione tra la politica, la sicurezza e gli stupefacenti”. Secondo la stessa fonte oggi il paese rappresenta l’85% della produzione mondiale di oppio10. Nel corso del 2020 le superficie destinate alla sua coltivazione sono cresciute del 37% rispetto all’anno precedente e con i suoi circa 224.000 ettari è di gran lunga la più ampia estensione di tutte le coltivazioni nel paese. Gli ettari coltivati ad oppio erano 70.000 nel 199411.
Alcune conclusioni parziali sul caso Ecuador
Esaurito, anche se solo per il momento, la presentazione della nuova categoria geopolitica dei narcostati abbiamo sufficienti elementi per svolgere alcune considerazioni più articolate sul caso Ecuador.
La prima osservazione è proprio legata all’emersione di una nuova fattispecie di rischio sistemico ascrivibile alla esistenza dei narcostati. Ma di questo si è detto.
La seconda colloca l’epicentro di questo fenomeno in America Latina aggiungendo un tassello alla convinzione che questo continente costituirà uno dei centri di crescita del rischio globale a livello mondiale. Come ho detto in premessa questo articolo è il primo di una serie che cerca di argomentare attorno a questa tesi. In America Latina si concentrano infatti una serie di fattori critici, geopolitici, economici, sociali tali da fungere da potenziale detonatore di crisi sistemiche globali.
Le altre considerazioni che voglio fare sono invece più direttamente collegate con la vicenda in corso.
La prima attiene alla probabile evoluzione nel tempo dello scontro in atto. Che il confronto che si è aperto sia destinato a permanere per mesi lo attesta anche il fatto che il Presidente Noboa abbia richiesto al Parlamento anche una misura economica di copertura delle spese di questo scontro con l’innalzamento dell’IVA dall’12 al 15%12.
L’esito però potrebbe essere completamente diverso rispetto ad altre situazioni simili del passato. E qui torno all’articolo di Saviano sul Corriere. Il saggista propone una lettura, che non esito a definire del tutto ideologica, secondo la quale la risposta dello Stato non porterà in questo caso a una soluzione, anzi “Questo porterà solo a un peggioramento delle violenze che finiranno davvero per costringere il governo a mediare con i narcos. Qualcuno si venderà la testa di Fito e otterrà dal governo vantaggi per far fermare tutto”. Un’ipotesi pessimistica che è ripresa anche da alcuni esperti; ad esempio il criminologo Vincenzo Musacchio in una intervista su RaiNews risponde alla domanda “Alla fine, secondo lei, il latitante “Fito” sarà catturato?” Proponendo a un parallelismo non del tutto giustificato. “Credo di poter dire, per conoscenza di quelle dinamiche, che o sarà ucciso o sarà venduto dai suoi compagni e da quello che poi prenderà il suo posto e medierà con lo Stato. Un copione più volte visto in America latina e che ancora una volta mi ricorda la dinamica della cattura di Totò Riina e la presa del potere di Bernardo Provenzano”13.
Nessuno può escludere che questo sia un esito plausibile. Sono infatti diversi gli elementi che giocano contro l’impresa lanciata da Naboa. In primo luogo il fattore tempo visto che il mandato presidenziale è in scadenza nel 2025. In modo ancor più sostanziale occorre tenere presente la ramificazione dei gruppi criminali che secondo lo stesso Noboa possono contare su un esercito di 20.000 affiliati, un numero che secondo altre stime è ancora più elevato. Le stesse bande mantengono un controllo capillare del territorio: ad esempio il gruppo che controlla la zona Huquillas alla frontiera con il Perù gestisce dal paese vicino il traffico di armi che alimenta le diverse bande. Vi è infine da considerare il livello di infiltrazione criminale in alcuni apparati dello stato oltre che della diffusione della corruzione. Non a caso tra le misure emanate da Noboa vi è anche un inasprimento repressivo verso i funzionari dello Stato e i giudici influenzati dai gruppi criminali. Emblematicamente un articolo dalla rivista digitale d’inchiesta Código Vidrio riporta una dichiarazione pronunciata nei confronto del giudice da un imputato in un processo contro esponenti dei Lobos: “Acabe rápido la audiencia, ya sabemos cuántos años nos van a dar. Somos Los Lobos” (Finisci rapidamente l’udienza, già sappiamo quanti anni ci daranno. Siamo Los Lobos)
Il processo in questione è stato richiamato dalla rivista per evidenziare una ulteriore falla dal sistema giudiziario ecuadoriano legato al sistema di particolare favore assegnato a chi accetta di essere giudicato con rito abbreviato. Nel caso concreto gli imputati sono stati condannati a una pena di 2 anni e 2 mesi a fronte di un minimo previsto per gli stessi reati di almeno 10 anni14
Ciò nonostante esiste almeno una considerazione che gioca a favore di un esito più risolutivo e favorevole per la democrazia. Esso riguarda il livello di non sopportazione di una parte maggioritaria della popolazione latino-americana nei confronti della corruzione soffocante e nella criminalità diffusa. Gli stessi fenomeni sono ormai percepiti come i principali responsabili di una situazione che porta a un impoverimento endemico. Così si spiegano il successo ad esempio di Bukele in El Salvador e per certi versi di Milei in Argentina. Lo stesso Noboa sta seguendo la stessa strada in Ecuador. Non a caso tre figure al di fuori degli schieramenti storici ufficiali. Figure da alcuni contestate ma che sembrano aver interpretato un sentimento di cambiamento della popolazione che meriterebbe di essere giudicato mettendosi nei panni di chi vive da anni in una situazione senza sbocco.
In questo senso forse la lotta che il Presidente Noboa ha aperto con il crimine organizzato potrebbe avere un esito diverso da quello di un ennesimo inutile compromesso. E’ presto per dirlo ma sono necessari occhi meno ideologici per comprendere quanto sta avvenendo.
Il ruolo dell’ex Presidente Correa
L’ultima considerazione riguarda il ruolo degli esponenti correisti In questo senso utilizzo ancora le considerazioni di Saviano per svolgere una precisazione doverosa “Tutto cambia nel 2018 quando modifiche degli assetti economici dei narcos rendono l’Ecuador uno spazio fondamentale ai grandi gruppi trafficanti”
In realtà se può essere politicamente comodo escludere le responsabilità della leadership castrochavista, bisogna riconoscere che la svolta di cui parla Saviano era avvenuta molto prima.
Sicuramente nell’ultima decade il sistema criminale di distribuzione della droga a livello mondiale ha subito una riorganizzazione. Sopratutto l’accordo del 2016 tra il governo colombiano e i guerriglieri delle FARC, che gestivano la produzione della cocaina per finanziare le proprie attività, ha indebolito i traffici che partivano dai porti colombiani. Le fazioni delle FARC che non hanno mai accettato la tregua hanno così iniziato ad utilizzare la via dell’Ecuador. A seguito di questo processo il paese ha conquistato una sua centralità nei flussi internazionali di cocaina. Il procuratore di Napoli Gratteri ha rilasciato un intervista in questi giorni alla Stampa “L’Ecuador è lo snodo globale della coca, In Italia traffici con ‘ndrangheta e albanesi. Naboa sta cambiando il paese, prima i boss avevano carta bianca, adesso rischiano il regime di massima sicurezza e processi negli USA”15.
Se dobbiamo però fissare un punto di svolta che ha segnato l’affermazione del ruolo dell’Ecuador nel panorama globale della droga dobbiamo però tornare più indietro nel tempo, al 2009, quando l’allora presidente castrochavista Rafael Correa, decideva la chiusura della base aerea statunitense di Manta, centro del contrasto ai narcotrafficanti ecuadoriani e colombiani16. La decisione di non rinnovare la concessione decennale era stata assunta con una motivazione fortemente ideologica di aperto contrasto agli Stati Uniti, ma in realtà ha segnato una svolta nella lotta alle organizzazioni criminale che da allora hanno goduto di un atteggiamento a dir poco accomodante da parte del governo di Correa. La chiusura della base fu infatti accompagnata dalla cessazione della collaborazione con la DEA, l’agenzia antidroga statunitense, e lo smantellamento dell’Unidad de Investigaciones Especiales, l’unità di élite della polizia incaricata delle operazioni contro i trafficanti. Il comandante dell’Unità, il maggiore Manuel Silva, che aveva raggiunto risultati investigativi importanti grazie al coordinamento che era riuscito a costruire tra intelligence ecuadoriana, colombiana e statunitense fu costretto anche a lasciare la polizia dopo l’apertura di ben sette indagini amministrative contro di lui, con l’accusa di essere al servizio della CIA.
Al di di questi atti ufficiali vi sono poi una serie di inchieste giornalistiche che dimostrano come Correa abbia mantenuto direttamente e con suoi emissari diretti, ad esempio il generale René Vargas Pazos, nominato ambasciatore a Caracas rapporti diretti e continuativi con le FARC, coordinando un azione contro la presenza nell’area del comune nemico statunitense17.
Approfondimenti
Se qualcuno vuole approfondire il tema dei narcostati in America Latina suggerisco vivamente l’ascolto dell’intervento che la giornalista e amica Marinellys Tremamunno ha svolto all’ultimo evento annuale RiskShop che abbiamo organizzato come BM&C Società Benefit a Pavia.
Vai alla pagina del programma dell’evento e premi il tasto di ascolto in corrispondenza della relazione di Marinellys.
Estas son las bandas declaradas como terroristas en Ecuador: ¿Cómo surgieron y dónde operan?, in Ecuavisa, 11 gennaio 2024 - https://www.ecuavisa.com/la-noticia-a-fondo/bandas-declaradas-como-terroristas-en-ecuador-donde-como-operan-AA6604200
Ecuador es el país más violento de América Latina, El Universo, 21 dicembre 2023 - https://www.eluniverso.com/noticias/seguridad/quito-ecuador-violencia-homicidios-america-latina-nota/
“Articolo 4. Identifiquese a los siguientes grupos del crimen organizado transnacional como organizaciones terroristas y actores no estatales beligerantes: Aguilas, AguilasKiller, Ak47, Caballeros Oscuros, ChoneKiller, Choneros, Corvicheros, Cuartel de las Feas, Cubanos, Fatales, Gánster, Kater Piler, Lagartos, Latin Kings, Lobos, Los p.27, Los Tiburones, Mafia 18, Mafia Trébol, Patrones, R7, Tiguerones.
El Consejo de Seguridad Pública y del Estado con base en los informes técnicos actualizará el listado de grupos identificados”.
https://www.comunicacion.gob.ec/wp-content/uploads/2024/01/Decreto_Ejecutivo_No._111_20240009145200_20240009145207.pdf
Roberto Saviano, Che cosa sta succedendo in Ecuador, e perché il narco-golpe ci riguarda, in Corriere della Sera, 10 gennaio 2024 - https://www.corriere.it/esteri/24_gennaio_10/che-succede-ecuador-narco-golpe-saviano-ec2840b0-afaf-11ee-9fa8-f1baea8c39b3.shtml
On Syria’s Ruins, a Drug Empire Flourishes, in New York Times, 5 dicembre 2021 - https://www.nytimes.com/2021/12/05/world/middleeast/syria-drugs-captagon-assad.html
Questo traffico ha coinvolto in passato diversi attori siriani. Si veda a questo proposito l’interessantissima ricerca prodotta da The Global Iniziative against Transnational Crime, “The nexus of conflict and illicit drug trafficking: Syria and the wider region”, novembre 2016 - https://globalinitiative.net/wp-content/uploads/2016/10/The-nexus-of-conflict-and-illicit-drug-trafficking-Syria-and-the-wider-region.pdf
COAR, The Syrian Economy at War: Captagon, Hashish, and the Syrian Narco-State, 27 aprile 2021 - https://coar-global.org/2021/04/27/the-syrian-economy-at-war-captagon-hashish-and-the-syrian-narco-state/
United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), Afghanistan Opium Survey 2020 Cultivation and Production ‒ Executive Summary. Aprile 2021 - https://www.unodc.org/documents/crop-monitoring/Afghanistan/20210503_Executive_summary_Opium_Survey_2020_SMALL.pdf
Adam Pain, Kaweh Kerami and Orzala Nemat, Drugs and development in Afghanistan, febbraio 2021, Islamic Republic of Afghanistan, Ministry of Interior Affairs, Narcotics Survey and Analysis Directorate, Poppy cultivation, Drug Production and Trafficking Analysis 2021
Un’altra notizia che conferma l’ipotesi dei tempi lunghi e quella secondo la quale i comandi militari starebbero valutando l’ipotesi di richiamare in servizio i riservisti dell’esercito per integrare e dare respiro ai reparti impegnati nelle azioni di contrasto sul territorio.
Pierluigi Mele, In Ecuador i narcos destabilizzano lo Stato, in RaiNews, 11 gennaio 2024 - https://www.rainews.it/articoli/2024/01/in-ecuador-i-narcos-destabilizzano-lo-stato-3de7816c-b5a1-49eb-92a7-a7232a31f1a3.html#:~:text=
Procesos abreviados son una ganga para peligrosos delincuentes, in Codigo Vidrio, 10 dicembre 2023 - https://www.codigovidrio.com/code/procesos-abreviados-son-una-ganga-para-peligrosos-delincuentes/
La base di Manta era stata aperta nel 1999, sulla base di una concessione decennale, su iniziativa del presidente democristiano Jamil Mahuad. La struttura era utilizzata oltre che per il supporto alle operazioni di contrasto sul territorio sopratutto come punto di sorveglianza dei voli dei piccoli aerei che trasportavano la droga lungo le rotte del traffico internazionale.
¿Quiénes fueron los eslabones del correísmo con las FARC?, In Codigo Vidrio, 5 dicembre 2023 - https://twitter.com/CodigoVidrioEc/status/1732086639717953637