Sul filo del rasoio
(Post #140) La Turchia, dopo l’affermazione in Siria e la presa di distanza di Trump dall’Europa, è al centro della geopolitica. Un’occasione per Erdoğan per chiudere con l’opposizione o un azzardo?
Da quando ha perso le elezioni locali, sconfitto in tutti i principali comuni del paese dal Partito Popolare Repubblicano (CHP), Erdoğan ha intrapreso la strada di una repressione politica molto dura verso gli esponenti del partito vincitore e principale forza di opposizione al suo partito, l’AKP1. La repressione si è intensificata nelle ultime settimane: venerdì 14 marzo numerosi ex amministratori dell’area metropolitana di Istanbul appartenenti o vicini al CHP2 sono stati arrestati. L’accusa è di terrorismo e si basa su presunti fatti risalenti al 2014 e al 2016, quando secondo le accuse i politici si sarebbero incontrati con esponenti di una associazione che, sempre secondo le autorità turche, opererebbe come copertura per raccogliere finanziamenti per movimenti considerati terroristici. Il fatto ha avviato una manovra - che fin dall’inizio era abbastanza chiaro - aveva come obiettivo il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu.
La caccia all’opposizione
Il 18 marzo si consuma il primo atto concreto dell’accerchiamento del più influente politico dell’opposizione: l’Università di Istanbul ritira la laurea a Imamoglu sulla base della surreale accusa che il titolo di studio sia falso. Per comprendere il senso di questo decisione occorre sapere che in Turchia la costituzione (articolo 101) prevede tra i requisiti di esigibilità a Capo dello Stato il possesso di un titolo universitario3.
La decisione deve essere interpretata considerando la valenza politica di questa questione. Lo stesso Erdoğan viene ripetutamente accusato di aver comprato la laurea per potersi candidare e pertanto molti striscioni che si vedono nelle manifestazioni chiedono “Tayyp [Erdoğan], dov’è la tua laurea?” La decisione dell’Università non è quindi catalogabile come una semplice vessazione o delegittimazione nei confronti di un personaggio scomodo ma deve essere interpretata come un vero e proprio ostacolo alla candidatura alle presidenziali del 2028.
Il giorno successivo, 19 marzo 2025 è scattato nei confronti del sindaco il fermo giudiziario, trasformato poi la domenica, proprio durante le grandi dimostrazioni di protesta, in arresto. Va detto per completezza che il Tribunale ha confermato le accuse di corruzione mentre ha respinto la richiesta dell’accusa di incriminare image anche per reati messi al terrorismo. Una decisione non di poco conto, se si considerano i provvedimenti accessori che sarebbero scattati automaticamente nel caso della conferma di queste accuse. Con l’arresto di questi giorni l’ormai ex sindaco di Istanbul diventa uno degli uomini su cui maggiormente si è scatenata la repressione da parte delle autorità turche. Nel 2022 ad esempio era stato condannato con sentenza di primo grado a 2 anni e 7 mesi di detenzione per aver insultato funzionari pubblici. Il processo è ora in attesa dell’udienza di appello. La magistratura avrebbe costruito il proprio castello accusatorio utilizzando i cosiddetti “testimoni segreti”, cioè dei testimoni che secondo una legge turca del 2004 godono di una protezione della loro identità. Secondo, però, alcune informazioni raccolte dagli avvocati difensori alcuni di questi accusatori sarebbero individui non certo al di sopra di ogni sospetto, accusati o già condannati per numerosi e reiterati reati gravi.
Una mossa azzardata?
Contestualmente allo svolgimento di questi fatti si sono tenute le elezioni primarie aperte del CHP per la scelta del candidato che contenderà la carica di capo dello Stato all’AKP. Secondo i dati resi noti dal Partito Popolare Repubblicano (CHP) turco alle primarie hanno partecipato 15 milioni di persone con un plebiscito per Imamoglu, se si conta peraltro che gli iscritti al partito che si sono recati alle urne sono stati 1.653.000, una minima parte quindi degli elettori4.
Rimane peraltro non chiaro cosa farà nei prossimi mesi Erdoğan dal momento che l’attuale costituzione non consentirebbe una sua ricandidatura avendo raggiunto il numero massimo dei due mandati previsti. Appare, però, altamente plausibile, vista anche la deriva autocratica, che nei prossimi mesi venga avviato l’iter per il cambiamento della costituzione. Molti osservatori considerano che la dichiarazione a sorpresa di alcune settimane fa con la quale il leader del PKK Ocalan, in carcere dal 1999, chiedeva al suo movimento - considerato una organizzazione terroristica da diversi paesi tra cui l’Unione Europea - di deporre le armi, sia stata concordata con lo stesso Erdoğan. L’apertura ai curdi rientrerebbe secondo i disegni di Erdoğan nel tentativo di scambiare un accordo sulla nuova costituzione nella quale verrebbe introdotto l’innalzamento del numero di mandati presidenziali in cambio di un qualche riconoscimento ai curdi che sarebbero così portati ad avvallare in blocco il nuovo testo.
La incarcerazione del sindaco di Istanbul rientra in una ampia offensiva della magistratura che ha portato in carcere un centinaio di dirigenti del CHP compresi alcuni sindaci delle municipalità nei quali è suddivisa amministrativamente la città sul Bosforo.
Questa iniziativa ha innescato la reazione in tutto il paese, con enormi manifestazioni che hanno visto la partecipazione soprattutto dei giovani; la repressione è stata altrettanto dura con quasi 2.000 arresti tra i manifestanti e decine di cronisti detenuti. Per altro si fanno sempre più forti le denunce di abusi e di torture durante i fermi. Tralascio le valutazioni sulla capacità dell’opposizione nel tenere e gestire la piazza che lascio ai cronisti non rientrando nella sfera dei giudizi che voglio qui esprimere. Anzi con molta probabilità possiamo già dire che le proteste sono destinate naturalmente a diminuire e un cambio di governo non è in vista. La questione più interessante riguarda, invece, la fotografia della composizione della piazza che sembra essere passata dal tradizionale blocco sociale nazionalista ai giovani e ai giovanissimi che in molti casi per la prima volta si schierano con l’opposizione. Manifestazioni che sono organizzate spontaneamente attraverso i social media e whatsapp; solo mentre i numeri dimostravano la scelta di centinaia di migliaia di persone di schierarsi, il principale partito d’opposizione ha chiamato alla mobilitazione i suoi militanti. La guida giovanile del movimento sta conferendo alle proteste una certa dose di innovazione. Il 2 aprile ad esempio è partito un boicottaggio degli acquisti in aziende di proprietà di imprenditori vicini a Erdoğan e che ha coinvolto diversi musicisti internazionali che hanno cancellato le loro tournée in Turchia5.
Il tratto comune delle autocrazie
Mi limito a due osservazioni. La prima è la conferma di un modus operandi che accomuna tutti gli autocrati e i dittatori dell’asse che unisce le società chiuse. Secondo il costume di queste pseudo democrazie quando e se le elezioni sono tollerate le stesse possono avvenire solamente a condizione che assicurino l’esito elettorale voluto. Abbiamo assistito lo scorso anno al travagliato processo elettorale venezuelano, quando Maduro, neanche farlo apposta uno degli amici di Erdogan, ha definito un modello di comportamento che sembra aver fatto strada in una parte di mondo. Prima gli ostacoli in tutti i modi all’opposizione fino alla l’inabilitazione farsa della leader dell’opposizione Maria Corina Machado e l’arresto dei leader dell’opposizione. Proprio il copione seguito in questi giorni dal governo di Ankara. Infine di fronte all’esito elettorale schiacciante per l’opposizione il colpo di Stato, che speriamo sia risparmiato ai turchi.
Il CHP ha aperto un congresso straordinario del partito proprio domenica 6 aprile per sventare un tentativo della magistratura di considerare illegale l’elezione del segretario Özgür Özel nel precedente congresso del 2023. Qualora l’operazione avesse successo, secondo la legge turca il partito verrebbe affidato a un amministratore straordinario nominato dalla magistratura. Con il congresso quindi il CHP intende legittimare la leadership con un nuovo voto sventando per il momento i piani di Erdogan. Il partito è uscito compattato dal congresso è il segretario Ozel è stato confermato con 1.171 voti su 1.276 delegati (nella foto il posto vuoto simbolicamente riservato a Imamoglu).
La seconda considerazione riguarda l’impatto dell’arresto sulla popolarità del leader dell’opposizione. Qui varrebbe la pena di fare un parallelismo con Erdoğan nel 1999. Allora quello che era un leader di un partito ancora minoritario, sindaco di Istanbul viene arrestato per aver recitato in pubblico di una poesia considerata apertamente islamista6. Oserei dire, grazie al contraccolpo di quel provvedimento diventa un leader nazionale. Stiamo parlando di Erdoğan. Vedremo se nei prossimi mesi questa mossa non si rivelerà un boomerang per l’uomo forte della Turchia.
Fin qui le valutazioni sulla cronaca dei fatti ma veniamo alle considerazioni geopolitiche. Vi chiedo di scusarmi se in questo contributo non entro nel merito della trattazione del ruolo che Erdogan svolge come principale fattore di destabilizzazione in tutta l’area del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Asia centrale. E questo un tema che in parte ho già trattato e su cui sicuramente sarò chiamato necessariamente a ritornare.
Anche l’Europa sul filo del rasoio
Rimaniamo ai fatti di queste settimane. Le vicende che sto raccontando si svolgono all’interno di un contesto particolarmente critico; per avere elementi più precisi non possiamo sottovalutare il peso della Turchia nel delicato sistema di equilibri politici e militari regionali e globali. La Turchia non è un attore secondario degli equilibri mondiali. Possiede il secondo esercito della NATO, inferiore solo a quello degli Stati Uniti. Peraltro un esercito che si mantiene in particolare efficienza operativa considerando gli impegni diretti in diversi scacchieri: dalla Libia, alla Siria, all’Azeirbajan, oltre che nel fronte interno della pluridecennale guerra sporca contro i curdi.
La deterrenza militare turca si fa forza anche su una delle migliori industrie militari. Un posizione che riguarda sia la tradizionale produzione di armamenti che quelli più innovativi. Ankara è così uno dei fornitori di molti paesi, tra cui l’Ucraina e grazie a questo ruolo esercita in modo estensivo il suo soft power. In questo momento la Turchia è una pedina essenziale della difesa orientale dell’Europa in chiave anti-russa. Un posizionamento ancora più significativo a fronte al disimpegno dell’amministrazione USA. Va segnalato a questo proposito il memorandum of understading (MoU) firmato il 6 marzo scorso da Leonardo con il produttore turco di droni Baykar Technologies7. Un accordo che precede di poco un’altra firma nel settore aerospaziale e che conferma il dinamismo della Turchia in questo settore strategico. Durante l’esposizione mondiale di settore a Rio de Janeiro il 1 aprile il CEO di Turkish Aerospace, l’azienda pubblica produttrice di Ankara, ha sottoscritto un MoU con il CEO di Embraer, con l’aperto sostegno dei due governi8 .
Un mix quindi di forza militare e diplomazia. Un modello che, non fosse altro che per una mera coincidenza di sovrapposizione spaziale richiama i principi che hanno ispirato il modello di azione dell’impero bizantino. Qui il pensiero va inevitabilmente a uno dei classici della geopolitica, il libro di Luttwak sulla diplomazia dell’impero bizantino, Un passato rinnegato da Erdogan fino ad arrivare allo “sfregio” di Hagia Sophia quella meraviglia del cristianesimo realizzata a Bisanzio sull’immagine di quel San Vitale ravennate magnificenza dell’imperatore Giustiniano e di sua moglie Teodora.
Secondo Luttwak l’impero bizantino ha utilizzato un mix di diplomazia e deterrenza militare che ha consentito all’impero romano d’oriente di sopravvivere per centinaia di anni alla caduta della parte occidentale dell’impero. “I Romani potevano liberamente scegliere tra la semplice deterrenza – accompagnata, se necessario, dalla rappresaglia, che richiedeva solo eserciti campali – e la difesa attiva delle frontiere, per la quale occorrevano guarnigioni ovunque. […] I Bizantini non ebbero mai tale sovrabbondanza di forza. […] secolo. In sostanza, l'Impero d'Oriente, o bizantino, sopravvisse alla sua controparte occidentale perché i suoi sovrani seppero usare la strategia per adattarsi a condizioni più sfavorevoli, escogitando nuovi modi per tener testa a nemici antichi e recenti. […] L’Impero bizantino faceva meno affidamento sulla forza militare preferendo piuttosto l'uso di ogni forma di persuasione per reclutare alleati”9.
La grande attrattiva di Erdogan
In questo momento Erdogan si presenta come un interlocutore importante soprattutto per l’Europa. Ankara è in primo luogo il grande vincitore sullo scacchiere siriano. Le milizie che hanno in poche settimane sconfitto Assad ponendo fine a una decennale guerra civile hanno ricevuto un appoggio determinante dalla Turchia. Per questa ragione Ankara è l’attore fondamentale per stabilizzare finalmente questa regione e limitare i flussi migratori.
Inoltre, soprattutto dopo il disimpegno di Trump, la Turchia rappresenta un baluardo a est contro la Russia e al contempo un alleato indispensabile per assicurare la continuità delle forniture militari a Kyiv. Non è casuale che il primo ministro polacco Tusk abbia rilanciato proprio in questi giorni la proposta di un’adesione di Ankara all’Unione Europea. Sarebbe comunque un errore per l’Europa sposare una realpolitik che in nome della difesa da Mosca fosse silente rispetto ai soprusi di una autocrazia. Anche a Istanbul come a Kyiv, come a Tiblisi, come a Chisinau, moltitudini soprattutto di giovani guardano all’Europa quanto mai silente di fronte ai gridi di libertà. Il rischio è che di fronte a una inazione dell’Europa si chiuda questa finestra di disponibilità da parte delle opinioni pubbliche che guardano a occidente.
Purtroppo la carta Erdoğan, per quanto attrattiva si presenta come piena di rischi. A parte proprio i più recenti sviluppi autoritari sul piano interno, la Turchia è un alleato particolarmente instabile. In questi anni la leadership di Ankara ha alternato posizioni di moderazione e di fedeltà alla NATO con iniziative di rottura ispirate al perseguimento dei propri obiettivi di potenza10. Un equilibrio ancor più delicato quando si parla del Cremlino nei confronti del quale Erdogan non è mancato di assumere posizioni fluide e per certi versi ambigue. Se Ankara è un alleato importante per l’Europa lo è anche per Putin e forse ancora più oggi visto Il ruolo di policy maker in Siria. Un interlocutore cruciale per la Russia che avendo perso l’alleato storico in Medio Oriente, deve assolutamente conservare i suoi avamposti siriani, unica presenza militare diretta di Mosca nel Mediterraneo. Non possiamo peraltro dimenticare la svolta anti israeliana imposta ultimamente dalla politica turca, posizionamento che rischia di diventare una concreta minaccia a partire dall’influenza di Ankara sul governo di Damasco.
Un posizionamento di forza intermedio è forse quello in cui Erdogan si trova meglio, capace di usare a proprio vantaggio proprio le situazioni più delicate. Il ricordo più spregiudicato rimanda all’utilizzo dei migranti come arma ibrida per trattare con l’Europa in cambio di appoggio politico e finanziamenti. Ogni concessione politica di Erdogan ha, così, il suo prezzo, che va interamente soppesato, e forse non è un caso che proprio oggi la ledership turca abbia giocato la carta della repressione interna per chiudere i conti con l’opposizione che mai come ora è arrivata vicina all’ avvicendamento politico.
Le merci di scambio che Erdogan potrebbe chiedere sono molte e tutte dolorose:
i curdi, l’unico alleato fedele all’Occidente nello scenario medio orientale;
l’Armenia nemica storica Ankara impegnata in uno scontro aperto con l’Azerbaigian, l’alleato più fedele ad Ankara, porta per l’Asia centrale turcofona;
gli equilibri nel Mediteraneo con la spinta di Ankara ad assumere un ruolo da protagonista nello sfruttamento delle risorse energetiche scoperte nel bacino orientale del Mediterraneo.
Ognuno di questi scenari mette in luce interessi contrapposti tra l’Europa e Erdoğan. È difficile, pertanto, oggi immaginare quali carte giocheranno i vari attori e soprattutto quali saranno le concessioni che saranno reciprocamente accordate. Di certo possiamo ipotizzare che assisteremo nei prossimi mesi a un vero e proprio campo di battaglia diplomatico che fa presagire anche un rapido cambiamento degli equilibri e delle situazioni consolidate. D’altra parte, l’ho scritto più volte in queste settimane, ci troviamo di fronte a un processo di accelerazione dei fattori geopolitici paragonabile solo a quello che abbiamo vissuto durante la stagione della caduta del muro di Berlino.
Scheda sintetica di valutazione del rischio
La caduta di Assad e l’affermazione di Ankara come il grande beneficiario del nuovo assetto politico, da una parte, e la rilevanza strategica del paese sul fianco sud-est dell’Europa, dall’altra, hanno spinto Erdogan ad accelerare la resa dei conti sul piano interno con un’ulteriore stretta di vite contro tutte le opposizioni e una ancor più decisa svolta autoritaria. Siamo di fronte a una rottura degli equilibri strategici consolidati e possiamo considerare come molto plausibile una estrema fluidità degli assetti dei singoli scenari nei quali la Turchia gioca un ruolo essenziale.
Valutazione del rischio
La valutazione del rischio viene condotta con riferimento a una scala costruita sulla grandezza euristica della plausibilità. L’indicazione che viene riportata si riferisce alla eventualità che il rischio palesato si verifichi. Per chi volesse approfondire il concetto di plausibilità rinvio a Raffaele Bruni, Il pugile e il piccolo uomo, Licosia Edizioni
Siamo di fronte a una classica situazione nella quale l’euristica della plausibilità appare quanto mai performante per orientarsi in una condizione di estrema incertezza. Risultano infatti molto plausibili sia lo scenario di un aumento della tensione in tutta l’area con una rottura con l’Europa e forse anche con gli Stati Uniti nel caso in cui si consumasse uno scontro duro con Israele in Siria, sia lo scenario opposto. E’ plausibile, infatti, anche una situazione nella quale passato il periodo acuto della contestazione prevalga una realpolitik europea nei confronti di Ankara che avrebbe anche come conseguenza una riduzione di rischi del confronto tra Armenia e Azeirbajan. L’evoluzione della situazione fornirà i tasselli per precisare la direzione degli eventi.
Tendenza del rischio
La tendenza del rischio indica in quale direzione la situazione descritta nell’articolo spinge il rischio
Stabile
Impatto degli eventi avversi
Indica quale potrebbe essere l’impatto determinato da un consolidamento del rischio descritto. Si tratta in questo caso dell’impatto inteso nei suoi termini generali (politico, sociale, economico e finanziario)
Potenzialmente relativamente elevata nel caso in cui si verificasse un inasprimento delle tensioni internazionali con Ankara.
Scheda Paese
Il dato ufficiale della popolazione riportato dall’Istituto Nazionale di Statistica (TUIK) è pari a 85.564.944 individui (2024)
La speranza di vita alla nascita è di 78,5 anni (2022 - World Bank)
Il tasso di fertilità è di 1,9 figli per donna (2022 - World Bank)
Il tasso di disoccupazione (febbraio 2025 - TUIK) è pari all’8,2% con una significativa differenza tra uomini (6,7%) e donne (11,2%). Il tasso di disoccupazione giovanile è più elevato e pari al 15%. In questo caso la differenza uomo-donna è ancora più elevata con un 10,8% di disoccupati fra gli uomini e un 22,7% fra le donne.
Il tasso di inflazione (TUIK) è pari al 38,5% (marzo 2025) comunque in diminuzione rispetto a un anno prima, 68,5% (marzo 2024). Il target di inflazione fissato dalla Banca Centrale è pari al 5,0%
La Turchia si colloca al 17esimo posto a livello mondiale per il PIL nominale in dollari (World Bank). La crescita del PIL nel 2024 è stata pari al 3,09% (Banca Centrale Turca)
I principali partner commerciali (Fonte: OEC)
Importazioni (2023)
(1) Cina 13,20%; (2) Russia 9,20%; (3) Germania 8,65%; (4) Svizzera 5,74%; (5) USA 4,92%; (6) Italia 4,48%
Esportazioni (2023)
(1) Germania 9,06%; (2) USA 5,85%; (3) Regno Unito 5,53%; (4) UAE 5,41%; (5) Iraq 4,68%; (6) Italia 4,62%
Paul Kirby e Cagil Kasapoglu, Turkish local elections: Opposition stuns Erdogan with historic victory, BBC, 1 aprile 2024 - https://www.bbc.com/news/world-europe-68704375
Il Partito Popolare Repubblicano (Cumhuriyet Halk Partisi, CHP) è l’erede diretto della esperienza laicista e statalista di Mustafa Kemal Atatürk, il fondatore della Repubblica Turca. Lo stesso simbolo del partito, “le sei frecce”, rappresenta i principi fondamentali del kemalismo: repubblicanesimo, populismo, laicismo, riformismo, nazionalismo e statalismo. Attualmente rappresenta il principale partito d’opposizione all’AKP. Sul piano politico il partito fa parte del raggruppamento dei Partiti Socialisti Europei. Esprime posizioni centraliste e fortemente nazionaliste anche se negli ultimi anni si è attenuata la connotazione critica nei confronti dei curdi.
Valentina Rita Scotti Il Presidenzialismo turco: un passo in avanti nel consolidamento dell’autoritarismo competitivo o una ulteriore garanzia per la stabilità delle istituzioni?, DPCE, 2023 - https://www.dpceonline.it/index.php/dpceonline/article/download/1840/1847/2918
Shorsh Surme, Turchia. Primarie del CHP: in 15 milioni votano per Imamoglu, in Notizie Geopolitiche, 24 marzo 2025 - https://www.notiziegeopolitiche.net/turchia-primarie-del-chp-in-15-milioni-votano-per-imamoglu/
In uno dei manifesti che chiama al boicottaggio per il 2 aprile (nisan) si legge:
Fermiamo ogni consumo!
Mercati - Acquisti on line - Carburanti - Ristoranti - Bar - Pagamento Bollette
Non comprare nulla!
.. o tutti insieme o nessuno di noi"
Erdoğan durante un comizio a a Siirt, che si trova nella parte città sud-orientale del paese, lesse i versi di una poesia del poeta Ziya Gökalp: “Le moschee sono le nostre caserme, / le cupole i nostri elmetti, / i minareti le nostre baionette / e i fedeli i nostri soldati”.
Questa parole vennero considerate contrarie ai principi dello stato laico turco e per questo fu condannato a dieci mesi di carcere per incitamento all’odio religioso. Contestualmente fu costretto a dimettersi da sindaco di Istanbul, carica che aveva conquistato nel 1994.
Gokalp ha avuto un grande peso nella costruzione della Turchia moderna; è stato uno degli intellettuali che a fine del XIX secolo ha ispirato il nazionalismo turco, compreso quello di Ataturk, e a differenza di quest’ultimo, però, che fondava il futuro dello stato turco sulla laicità Gokalp propugnava una identità fortemente ancorata alla cultura anche religiosa della popolazione.
Fabio Salamida, Droni, Leonardo sigla intesa con la turca Baykar Technologies per creare un colosso dei velivoli senza pilota, Wired, 6 marzo 2025 - https://www.wired.it/article/leonardo-droni-bayktar-accordo-difesa-attacco-sorveglianza/
Turkish Aerospace, Brazil’s Embraer sign MoU for aircraft production in Turkey, in Turkish Minute, 4 aprile - https://www.turkishminute.com/2025/04/04/turkish-aerospace-brazils-embraer-sign-mou-for-aircraft-production-in-turkey/
Edward N. Luttwak, La grande strategia dell’Impero Bizantino, Rizzoli
Un momento di particolare tensione con gli Stati Uniti è, ad esempio, scoppiato nel 2017 quando Ankara ha acquistato diversi sistemi missilistici antiaerei S-400 dalla Russia.