Non fidarti della momentanea bonaccia: fa presto il mare ad agitarsi
Iniziamo a parlare di geopolitica del mare: il più grande incubatore di rischi del futuro. Di Andrea Bruni e Raffaele Bruni
Noli huic tranquillitati confidere: momento mari evertitur
(Lettere a Lucilio - Lucio Anneo Seneca)
Chiudo la prima parte dell’anno con un articolo a quattro mani che parla di mare. Malgrado l’argomento suggerisca scenari vacanzieri, il mare - o meglio sarebbe a dire i mari - costituisce uno degli scenari di confronto internazionale in cui si sviluppano le dinamiche geopolitiche più accentuate.
Lo sappiamo tutti, in primo luogo il mare costituisce il principale canale di comunicazione per il trasporto delle materie prime e delle merci e il controllo dei punti critici lungo le rotte internazionali costituisce la chiave di volta per garantire i propri obiettivi strategici.
Inoltre il mare è una risorsa fondamentale, con le sue risorse ittiche, per la sicurezza alimentare. E abbiamo visto proprio in questi mesi come questo tema sia tornato di grande attualità di fronte al blocco delle esportazioni del grano del Mar Nero.
Infine il mare, o meglio i fondali marini sono spesso ricchi di giacimenti di idrocarburi e di gas naturale, oltre che di altre materie prime. Le nuove tecniche di estrazione e sfruttamento rendono queste risorse accessibili a costi che si vanno riducendo.
Se volessimo continuare in questa lista potremmo ancora parlare dei cavi sottomarini attraverso i quali passano le grandi dorsali che assicurano su base globale le trasmissioni telefoniche e quelle dei dati.
Ma per comprendere le dinamiche geopolitiche che riguardano il mare dobbiamo attrezzarci della conoscenza di alcuni concetti base. Il più importante riguarda il cosiddetto “diritto del mare”, all’interno del quale sono fissati i principi generali che regolato a livello internazionale lo sfruttamento di queste risorse.
Di questo parleremo oggi, in modo da arrivare a comprendere come sotto alle acque apparentemente calme delle spiagge del nostro meritato riposo si muovono correnti molto agitate.
Nuovo terreno di scontro per l’egemonia mondiale
L’importanza del dominio dell’ambiente marino non è confinato, come è stato storicamente, al controllo delle rotte (anche se va detto che sulle rotte marittime passa il 90%1 del commercio globale). Dal punto di vista commerciale, il mare rappresenta dunque una fonte ineguagliabile di ricchezze ed è importante assicurarsi il “dominio” sulle acque, sia per poter controllare le rotte, sia per poter sfruttare le risorse ittiche, oltre che quelle presenti sotto i fondali. Senza contare poi il ruolo delle acque all’interno dell’ecosistema e più in generale nella salvaguardia dell’ambiente.
Dobbiamo inoltre osservare come il mare rappresenti uno scenario in cui evolvono gli equilibri geostrategici militari. Ad esempio, contestualmente allo spostamento del baricentro mondiale nell’area del Pacifico, le principali partite strategiche si stanno giocando oggi nell’Oceano Indiano e in quello Pacifico, mari nel quale convergono gli interessi di tre grandi potenze come Cina, India e Stati Uniti.
Un’altra area di mare da considerare con attenzione è quella del Mediterraneo, in particolare il Mediterraneo Orientale, non fosse altro perché coinvolge direttamente le vicende geopolitiche europee e italiane. La situazione del Mare Nostrum è cambiata in modo significativo negli ultimi anni a seguito della scoperta, nella sua parte orientale, di importantissimi giacimenti di idrocarburi e di gas naturale. Le prospettive dello sfruttamento di queste risorse hanno portato queste tematiche in cima alle agende di sicurezza dei singoli paesi. Anche in passato questa parte del bacino del Mediterraneo ha conosciuto diversi momenti di tensione con la crescita della sua rilevanza strategica. Storicamente il punto di svolta è stato l’apertura del Canale di Suez che ha trasformato questo tratto di mare in un punto strategico di importanza assoluta per il traffico marittimo. Oggi attraverso il canale passano oltre 20mila navi all’anno2. Al di là delle frizioni “normali” che si generano in queste aree, la crescita di incertezza è legata al ruolo che la Turchia intende giocare in tutto lo scacchiere mediorientale confermandosi come il principale elemento di crisi per tutta l’area.
La legge del mare
Per comprendere le dinamiche attraverso cui si manifestano le contese riguardo alle aree di mare, è indispensabile conoscere i concetti base del diritto internazionale, premettendo che la regolazione dei rapporti tra gli stati trova la sua base giuridica in consuetudini, ovvero comportamenti ripetuti nel tempo e sentiti come vincolanti, oppure in trattati, accordi che vengono ratificati dalle varie nazioni.
In questo primo articolo, ci concentreremo quindi sugli aspetti giuridici delle rivendicazioni sui mari, con particolare riferimento al “Diritto del mare”, regolato attraverso consuetudini e convenzioni. La più importante delle quali è quella di Montego Bay ovvero la “Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare”3, meglio nota come UNCLOS (secondo l’acronimo inglese) e firmata il 10 dicembre 1982 a Montego Bay in Giamaica dopo lunghi negoziati iniziati nel 1973. La Convenzione è stata sottoscritta da 167 paesi (oltre alla UE) ed è entrata effettivamente in vigore il 16 novembre 1994 al momento della ratifica da parte del sessantesimo paese, numero minimo stabilito in sede di accordo4. La Convenzione definisce i diritti e le responsabilità degli Stati nell'utilizzo dei mari e degli oceani, fissando le regole per la gestione delle acque e delle risorse presenti nei fondali. Proprio quest’anno si celebrano i 40 anni dalla firma del trattato5 e per l’occasione, sono stati fissati anche gli obiettivi per la futura implementazione delle nuove tematiche della salvaguardia dell’ecosistema mare e delle risorse del sottosuolo.
Prima di addentrarci ad affrontare i punti critici di questa regolamentazione internazionale occorre però ricordare che, al di là di quanto disposti dalla Convenzione, l’ambiente marino è oggetto du regolazione di una pluralità di organismi internazionali le cui competenze spesso si sovrappongono. Ne citiamo solo alcuni, la FAO per quanto riguarda la pesca, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), il COI, cioè la Commissione Oceanografica Intergovernamentale, il Consiglio dell’Artico, l’OMI, l’Organizzazione Marittima Internazionale e così via con una lunga lista.
Evoluzione del Diritto del Mare
Storicamente il primo principio “giuridico” applicato è stato quello della libertà dei mari, affermatosi in Europa nei secoli XVII e XVIII, grazie a una consuetudine applicata dagli olandesi e successivamente adottata anche da inglesi, spagnoli, e portoghesi; proclamando questo principio gli Stati decisero, infatti, di rinunciare al dominio incondizionato e assoluto sui mari. Il principio della libertà dei mari implica che lo Stato, che si affaccia su un’area marina, non possa né impedire né intralciare l’utilizzo delle acque da parte delle navi che battono bandiere di altri Stati.
L’unico limite è quello di un impedimento alla creazione di vincoli che comportino un utilizzo esclusivo tale da impedire attività quali ad esempio la pesca e la navigazione. Tuttavia, questo principio si è scontrato con le rivendicazioni e le pretese degli Stati rivieraschi di controllare e disporre delle acque adiacenti al proprio territorio. Già nel 1945 il Presidente statunitense Harry Truman aveva esteso il controllo statale sulle acque della piattaforma continentale seguito immediatamente dal Cile, Perù e Equador.
Con l’evoluzione tecnologica, come detto, a partire dagli anni cinquanta le potenzialità di sfruttamento delle risorse sono aumentate ed è quindi emersa la necessità di regolare le acque al di fuori di quelle immediatamente prossime al litorale. Una prima conferenza per regolare i diritti sul mare fu aperta dalle Nazioni Unite nel 1956 e si chiuse nel 1958. Una seconda conferenza fu organizzata senza produrre esiti nel 1960. La terza conferenza è quella che ha portato a distanza di anni ad adottare la Convenzione che ora regola i diritti di sfruttamento delle zone marine6.
La classificazione dei tratti di mare
Sul piano dei contenuti la Convenzione dei mari introduce una distinzione tra i diversi tratti di mare a cui corrispondono differenti diritti a favore degli stati rivieraschi.
Acque territoriali: sono quelle che si trovano entro 12 miglia nautiche dalla costa, circa 22 km. Le acque territoriali fanno parte integrante del territorio di una nazione, così come ovviamente le “acque interne” che si trovano interamente entro i confini di un paese. L’unica attività possibile da parte di entità di un paese terzo è il cosiddetto “innocent passage” cioè il passaggio di imbarcazioni inoffensivo. Il passaggio si definisce inoffensivo, secondo la stessa Convenzione, quando non reca pregiudizio alla pace e alla sicurezza dello Stato costiero, cioè quando (i) non comporta l'uso della forza, (ii) non è ascrivibile a manovre militari, (iii) non riguarda comportamenti che provocano inquinamento. E’ interessante sottolineare che le norme sul passaggio inoffensivo si applicano anche alle navi da guerra e ai sottomarini. Il principio dell’innocent passage è uno dei punti cardine della libertà di navigazione e come vedremo in successivi articoli la sua interpretazione costituisce uno più caldi di attrito tra gli stati costituendo un continuo rischio di scontro tra Cina, Usa e suoi alleati nel Mar Cinese.
Fonte: The Fletcher School, TUFTS University
Per piattaforma continentale si intende l’area sottomarina che si estende al di là delle acque territoriali, attraverso il prolungamento naturale del territorio emerso, sino al limite esterno del margine continentale. Secondo la Convenzione di Montego Bay, allo Stato Costiero sono attribuiti diritti di sfruttamento delle risorse minerali e degli idrocarburi presenti nel suolo e nel sottosuolo.
Zona Economica Esclusiva (ZEE). La zona può estendersi sino a 200 miglia dalla linea di base del mare territoriale. Come suggerisce il termine, questo tratto di mare, pur non facendo parte del territorio di un paese, attribuisce allo stesso il diritto a uno sfruttamento esclusivo (petrolio, gas e pesca) delle risorse presenti nel mare. Gli altri Stati possono però esercitare nella zona economica esclusiva le libertà di navigazione, di sorvolo, di posa di cavi e gli altri usi legittimi collegati all’uso di navi, di cavi e condotte. La definizione delle ZEE costituisce oggi uno dei punti critici del controllo dei mari non foss’altro perché spesso in questi spazi di mare vi sono importanti giacimenti di idrocarburi o di minerali. E’ proprio la delimitazione delle ZEE il punto più critico delle relazioni internazionali, soprattutto laddove, per la configurazione geografica delle coste si trovano delle zone di sovrapposizione tra le aree di paesi diversi.
Mare internazionale è inteso come uno spazio marino sottratto al controllo di un singolo Stato. Il mare internazionale è l'unica zona dove trova ancora applicazione il principio della libertà dei mari. In questo spazio, infatti, tutti gli Stati hanno eguali diritti e possono, con il solo limite del rispetto della libertà altrui, procedere allo sfruttamento della pesca, delle risorse biologiche e minerarie, navigare e posare cavi. Sinora non hanno trovato conferma le pretese di alcuni Stati che tendono ad assicurare la loro presenza oltre la Zona Economica Esclusiva.
La Zona Economica Esclusiva (ZEE)
Il concetto di Zona Economica Esclusiva, come abbiamo detto, merita un particolare approfondimento in virtù di una peculiarità che contraddistingue e differenzia la sua costituzione rispetto alle piattaforme continentali e alle acque territoriali. Una Zona Economica Esclusiva infatti, non viene istituita in maniera automatica, sfruttando l’applicazione di valutazioni di tipo geografico, ma viene definita dal singolo Stato attraverso una legge o un atto interno. Nel caso di sovrapposizione di parti di due Zone si rinvia agli accordi tra Stati.
Per questo le ZEE sono strumenti nelle mani dei governi, attraverso cui perseguire il controllo su una porzione ampia di mare. Problemi si pongono ogni qualvolta i tratti di mare che rientrano potenzialmente in una ZEE si sovrappongono a quelle di altri Stati. Non è un caso quindi che nelle zone di mare più ricche di risorse, sorgano contese proprio relative alla suddivisione delle ZEE. Si ricorda infatti che con questa attribuzione un paese può sfruttare in modo esclusivo le risorse biologiche e minerali presenti nel mare, nel suolo e nel sottosuolo. Non si tratta in realtà di una sovranità assoluta, come quella esercitata nel mare territoriale. La ZEE definisce diritti di natura economica legati allo sfruttamento delle risorse che si trovano in questi tratti di mare. Proprio per questa ragione gli altri Stati mantengono alcuni diritti, come ad esempio posare cavi sottomarini e condotte nonché godere del diritto di sorvolo.
Zona economica esclusiva, riferimenti giuridici
I diritti esercitabili nelle ZEE sono definiti dall’articolo 56 parte V e dall’articolo 58 dell’UNCLOS:
Diritti, giurisdizione e obblighi dello Stato costiero nella zona economica esclusiva
“1. Nella zona economica esclusiva lo Stato costiero gode di: a) diritti sovrani sia ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo, sia ai fini di altre attività connesse con l’esplorazione e lo sfruttamento economico della zona, quali la produzione di energia derivata dall’acqua, dalle correnti e dai venti”
Ai sensi dell’art. 58, nella zona economica esclusiva tutti gli Stati, sia costieri sia privi di litorale, godono delle libertà di navigazione e di sorvolo, di posa in opera di condotte e cavi sottomarini e di altri usi del mare leciti in ambito internazionale. Tuttavia, nell’esercitare i propri diritti e nell’adempiere i propri obblighi nella zona economica esclusiva, gli Stati devono osservare i diritti e gli obblighi dello Stato costiero, e rispettare sia le leggi e i regolamenti emanati dallo Stato costiero, sia le altre norme del diritto internazionale.
L’articolo, come visto, menziona le risorse biologiche e quelle non biologiche.
Le risorse biologiche sono quelle risorse viventi che si trovano nelle acque o nel fondale
Riguardo alle risorse non viventi, l’art. 77 della Convenzione, relativo alla piattaforma continentale, afferma che sulla esplorazione e lo sfruttamento delle risorse naturali sono attribuiti diritti sovrani dello Stato costiero. Le risorse naturali comprendono le risorse minerali e altre risorse non viventi del fondo marino e del suo sottosuolo. Benché non esplicitamente nominate, gli idrocarburi, sono compresi nell’insieme delle risorse non viventi.
Un contesto in continua evoluzione
Come abbiamo accennato, sulla base delle premesse giuridiche, le convenzioni internazionali lasciano aperta la questione dei mari chiusi, quale è il Mediterraneo, dove si ha una sovrapposizione dei confini marittimi degli Stati rivieraschi. Risulta infatti impossibile, a causa delle rivendicazioni reciproche, estendere il proprio controllo funzionale per tutte le 200 miglia previste dal diritto internazionale. Pur essendo l’istituzione della ZEE un atto unilaterale che non necessita del consenso o del riconoscimento da parte di altri Stati, la realtà dei fatti impone che i singoli Stati, le cui ZEE si sovrappongono, trovino accordi al fine di delimitare i confini di queste ultime.
Un’ultima considerazione riguarda la gestione delle regole del diritto internazionale. Non essendoci di fatto garanti in grado di far rispettare le leggi - le corti internazionali (in questo caso il Tribunale internazionale per il diritto del mare con sede ad Amburgo), esercitano solo un potere arbitrale e intervengono solo su richiesta delle parti - il rischio è quello che le disposizioni di diritto internazionale non vengano rispettate, lasciando aperti i conflitti fra gli Stati.
Fino ad ora, l’efficacia del diritto marittimo così come era avvenuto per altre branche del diritto internazionale, ha funzionato alla luce di un equilibrio bipolare che oggi invece rischia di essere messo fuori gioco dalla presenza di nuovi attori come India, Cina, Turchia, che sono disponibili ad emergere anche a discapito delle regole. Proprio sulla vicenda del diritto dei mari è emblematico quanto sta avvenendo nel Mar Cinese Meridionale: oggetto di una disputa sulla sovranità degli arcipelaghi presenti tra la Cina e tutti gli altri paesi del Pacifico. In questo tratto di mare, forse uno dei più importanti per la navigazione mondiale, si stanno manifestando le tensioni più critiche del bacino del Pacifico. Come si può vedere dalla mappa della TUFTS University in questo tratto di mare si intersecano le ZEE di un gruppo di paesi del Pacifico (linee tratteggiate blu) che devono confrontarsi con le pretese cinesi (linea tratteggiata rossa). Basta uno sguardo alla mappa per comprendere come la questione delle definizioni delle Zone Economiche Esclusive costituisca una delle questioni più spinose a livello globale oltre che uno dei più potenti incubatori di rischi. Un tema peraltro di cui, chi partecipa al Comitato Rischi lo sa, stiamo ponendo l’attenzione di tutti da molti anni.
E non si pensi che la questione sia riferisca a qualcosa di “esotico”, lontano da noi. Il Mediterraneo è un enorme calderone di potenziali conflitti, basta ricordare la disputa tra Israele e Libano, tra Turchia e Cipro, le rivendicazioni algerine su tratti di mare di competenza italiana e spagnola, il confronto tra Tunisia, Libia e Italia che spesso ha avuto come protagonisti i nostri pescherecci. Ma di tutto questo parleremo a lungo nelle prossime puntate in questo viaggio che attraversa i mari più agitati.
Per ora un arrivederci a settembre e un augurio di buone vacanze.
OCSE, Ocean shipping and shipbuilding, Key Report - https://www.oecd.org/ocean/topics/ocean-shipping/
Number of ships passing through the Suez Canal from 1976 to 2021 - https://www.statista.com/statistics/1252568/number-of-transits-in-the-suez-cana-annually/
Non bisogna confondere il momento della firma con quella della ratifica di un trattato. Con la firma, uno Stato manifesta il proprio consenso a rispettare quanto disposto dal testo del trattato. E’ una sorta di autenticazione del testo e non comporta obblighi giuridici per la parte in causa. La ratifica è invece l’atto vincolante attraverso cui uno Stato si impegna formalmente a seguire quanto predisposto dal trattato.
Per una ricostruzione di queste vicende oltre che per un approfondimento di tutto il diritto del mare si rimanda a “Law of the sea”, The Fletcher School, TUFTS University - https://sites.tufts.edu/lawofthesea/table-of-contents/