Lo “schema Ponzi”
(Scandali e disastri finanziari) -Nuovo episodio della serie “Scandali e disastri finanziari di tutti i tipi
Questa nuova puntata di “Scandali e disastri finanziari di tutti gusti” è dedicata a una truffa finanziaria - diventata una sorta di modello - che si è ripetuta più volte nella storia dei raggiri agli investitori.
Il meccanismo alla base della truffa è conosciuto con il nome della persona che l’ha creato e portato a termine nell’inizio del secolo scorso a Boston. Il nome è quello di un italo americano Carlo Ponzi.
In termini molto semplici come si caratterizza questo modello, conosciuto appunto come schema Ponzi?
Esso si basa su una proposta rivolta ai potenziali investitori caratterizzata da un elemento di forte attrattività dell’investitore a cui vengono prospettati rendimenti decisamente superiore alla media dei mercati.
In realtà non si ha alcun investimento o lo stesso viene indirizzato a un business normale con ritorni anch’essi nella norma.
Per guadagnare una credibilitò verso gli investitori, chi ha impiantato la truffa paga effettivamente gli interessi pattuiti. Solo che gli stessi derivano da una sottrazione di risorse di chi viene via via coinvolto nella truffa.
Grazie a questo risultato la proposta di investimento attira sempre nuovi finanziatori fino a quando la catena si allunga al punto da non poter più essere sostenuta, evidenziando le perdite in conto capitale a cui tutti devono far fronte.
Nella pagina ufficiale del FBI in cui si mettono in allerta le potenziali vittime il Ponzi scheme viene descritto nel seguente modo.
“Ponzi schemes promise high financial returns or dividends not available through traditional investments. Instead of investing the funds of victims, however, the con artist pays “dividends” to initial investors using the funds of subsequent investors. The scheme generally falls apart when the operator flees with all of the proceeds or when a sufficient number of new investors cannot be found to allow the continued payment of “dividends.”
Ma chi era questo Carlo Ponti che ha ideato il sistema?
Ponti era nato nel 1882 a Lugo in una famiglia della piccola borghesia e si trasferì a Boston nel Novembre 1903. All’inizio svolse, come tutti gli immigranti diversi lavori fino a quando nel luglio del 1907 si trasferì in Canada, a Montreal. Dove iniziò a lavorare presso la Banca Zarossi, un istituto di credito che si rivolgeva agli italiani immigrati in Nord America.
Proprio lavorando in banca apprese il sistema di truffe che poi prese il suo nome. La Banca Zarossi, pagava ai depositanti interessi più alti del mercato proprio utilizzando il modello poi perfezionato da Ponti, cioè prelevando le somme dai conti di altri depositanti. Non potendo pagare il 6% di interessi promesso, Zanussi tratteneva una parte dei soldi inviati degli immigrati alle famiglie contando sul fatto che ci sarebbero voluti molti mesi prima che questo comportamento venisse a galla. L’istituto ben presto fallì, nel 2008, ma Ponzi rimase a Montreal a curare gli interessi di Luigi Zarossi, che intanto era fuggito in Messico per non essere arrestato. Seguendo la sua grande abilità nelle truffe, Ponzi si reca da un ex cliente della banca, gli sottrae non visto un assegno che compila per incassare 423,58 dollari. Scoperto viene condannato e condotto in prigione. La sua reputazione a Montreal era ormai rovinata e decide quindi di recarsi negli Stati Uniti.
L’idea iniziale di Ponzi che iniziò a praticare dopo il suo ritorno a Boston era un’altra e riguardava lo sfruttamento di una sorta di arbitraggio su un’affare che oggi può apparire molto strano: il sistema di affrancatura postale della corrispondenza internazionale. In anni di emigrazione di massa verso il Nord America lo strumento epistolare era l’unico canale di comunicazione tra le famiglie e muoveva conseguentemente molto denaro.
Il sistema si basava sullo strumento del International Reply Coupon (buono di risposta internazionale).
Quando si spediva una corrispondenza all’estero si allegava all’interno della lettera un buono postale di risposta che poteva essere convertito in un affrancatura del paese da cui sarebbe pervenuta la risposta. In pratica il buono poteva essere convertito con un francobollo del paese del ricevente.
Ponzi si rese conto che esisteva un differenziale tra le tariffe dei vari paesi pertanto poteva essere conveniente lucrare tra il differenziale di costo dell’affrancatura tra due paesi diversi.
In particolare dopo la prima guerra mondiale l’Italia era segnata da una forte inflazione e pertanto l’affrancatura italialiana era più conveniente di quella pagata negli USA in dollari americani. Si potevano comprare coupon in Italia e convertirli in francobolli americani dalla cui vendita si ricavava poi un valore superiore rispetto a quello realizzato con riferimento al tasso di cambio.
Ponzi all’inizio quindi impianto un’attività del tutto legale. Faceva comprare buoni in Italia che si faceva inviare negli Stati Uniti. A questo punto li convertiva in francobolli americani che poi rivendeva ricavandone un profitto del 400%
Dopo un poco di tempo l’attività raggiunge un livello tale che Ponzi decide di costituire a Boston una società per gestire questi affari, la Securities and Exchange Company.
Il passo successivo fu quello di coinvolgere investitori per finanziare gli acquisti in modo da aumentare i volumi degli scambi.
A chi investiva Ponzi prometteva un guadagno del 50% in soli 90 giorni.
La raccolta fu affidata a una rete di promotori che arrivarono a raccogliere, nel maggio del 1920, 15 milioni di dollari da circa 40 mila investitori. Ovviamente i volumi attivati da Ponzi non potevano essere sostenuti da questo affare.
I guadagni promessi da Ponzi iniziarono a generare dubbi e il Boston Post decise di affidare a Clarence Barron, già Presidente di Dow Jones, un’analisi del “sistema” Ponzi.
Secondo i risultati di questa analisi i profitti generati dal sistema avevano raggiunto valori abnormi che secondo le stime condotte erano compatibili con una negoziazione di almeno 160 milioni di coupon. Cosa impossibile non foss’altro perché il numero degli IRC in circolazione era di soli 27.000.
Quando emersero i dubbi sulle attività gli investitori assediarono l’ufficio della Securities and Exchange Company ma Ponzi, con il rimborso di solo una parte della raccolta, 2 milioni di dollari, seppe riconquistare temporaneamente la fiducia degli investitori evitando che tutti gli aderenti agli schemi chiedessero la restituzione del capitale investito.
Le Poste americane valutarono i danni provocati ai propri conti di questa attività e il 28 luglio 1920 (con effetto dal 15 agosto), modificarono i tassi di conversione per la prima volta dal dopoguerra, annullando la convenienza dell’arbitraggio di Ponzi.
Il 13 agosto 1920 Carlo Ponzi fu alla fine arrestato dagli agenti federali che non poterono recuperare nemmeno un buono di risposta. Le migliaia di persone coinvolte dallo schema persero interamente il capitale investito. Fu condannato a 14 anni di prigione
L’applicazione dello schema Ponzi ha trovato nel tempo applicazione in diversi campi finanziari non escluso quello degli investimenti immobiliari. Nelle stesse pagine del FBI viene raccontato il caso di Monique Brady che nel Rhode Island coinvolse diversi investitori promettendo il 50% di rendimento che si sarebbe dovuto ottenere grazie all’attività di recupero e restauro immobiliare realizzato dalla sua società MNB.
Da parte sua la SEC, l’autorità di vigilanza finanziaria statunitense ha posto l’attenzione sull’applicazione di questa tipologia di truffa nel campo delle monete virtuali, presentando il caso di una società che prometteva un rendimento del 7% settimanale grazie a un presunto arbitraggio sui BitCoin.
Per chi volesse approfondire questo tema oltre all’ampio materiale disponibile su internet segnalo due libri.
Il primo è una vera e propria biografia di Carlo Ponti,
Zuckoff Mitchell (2005), Ponzi’s Scheme. The True Story of a Financial Legend, Random House
Il secondo tratta il tema dal punto di vista più generale approfondendo le diverse questioni riferite al meccanismo di queste truffe.
Frankel Tamar (2012), The Ponzi Scheme Puzzle, Oxford University Press