E’ tornata la guerra; torna anche la fame in diverse regioni del pianeta?
L’invasione Ucraina ha sconvolto i mercati dei prodotti agricoli, in particolare del grano e la sicurezza alimentare è emersa come obiettivo strategico
Sebbene i temi della sostenibilità vengano declinati soprattutto con riferimento alle problematiche ambientali, non si può dimenticare che il concetto di sviluppo sostenibile si sia formato assumendo prioritariamente l’obiettivo della riduzione degli squilibri economici e sociali. All’interno dell’ampia e articolata produzione culturale che si rifà alla sostenibilità, la salvaguardia dell’ambiente, che pur costituisce un obiettivo autonomo, viene considerato come una condizione indispensabile per superare le differenze sociali e le condizioni di vita tra i paesi e le diverse aree del mondo. Al contrario il dissesto ambientale e le emergenze climatiche, al di la dei loro effetti globali, incidono in modo più significativo sulle aree più povere del pianeta.
Il legame tra sviluppo economico e sociale e protezione ambientale era già presente nel rapporto del 1980 “World Conservation Strategy. Living Resource Conservation for Sustainable Development” pubblicato dall’International Union for Conservation of Nature and Natural Resource che viene assunto come atto di nascita del concetto di sviluppo sostenibile “Che la conservazione e lo sviluppo sostenibile siano reciprocamente dipendenti può essere illustrato dalla difficile situazione dei poveri delle zone rurali. La dipendenza delle comunità rurali dalle risorse biologiche è diretta e immediata”1.
Questa idea viene ripresa e sviluppata in tutto il filone di pensiero che riguarda lo sviluppo sostenibile trovando ampio spazio nel rapporto Brundtland2, il documento dove appare per la prima volta il termine sviluppo sostenibile e soprattutto nell’Agenda 2030 della Nazioni Unite3.
Nell’incipit del documento leggiamo: si riconosce “che sradicare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni, inclusa la povertà estrema, è la più grande sfida globale ed un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile”. Non a caso i primi due obiettivi sono proprio dedicati rispettivamente alla lotta alla povertà (ob. 1) e alla riduzione della fame (ob. 2).
La pandemia ha interrotto il processo in corso da diversi decenni per ridurre la povertà e per la prima volta da tempo la fame nel mondo è tornata a crescere4; secondo le stesse Nazioni Unite, il numero delle persone che vivono strutturalmente una condizione di sottonutrizione è passato da 650 milioni del 2019 a una stima per il 2020 che va dalle 750 a 811 milioni. L’incremento del numero delle persone in questa situazione è direttamente dovuta alle conseguenze della pandemia5.
La guerra in Ucraina
In questo contesto di estrema fragilità, l’aggressione russa ai danni dell’Ucraina ha aggiunto ulteriori, enormi, elementi di criticità.
Tra i tanti effetti che la guerra ha provocato uno dei più significativi riguarda, infatti, l’impatto sul mercato mondiale dei prodotti alimentari, soprattutto del grano. Russia e Ucraina6 garantiscono tra un quarto e un terzo delle esportazioni mondiali di grano e gli eventi bellici hanno fortemente destabilizzato l’intero comparto, con:
il sostanziale blocco delle rotte del Mar Nero. Si stima che nei depositi Ucraini siano bloccati circa 7 milioni di tonnellate di grano;
i limiti generati delle sanzioni, che anche se non riguardano questi prodotti, oltre ad aver creato problemi oggettivi all’esportazione, spingono la Russia a rivedere la politica delle esportazioni;
l’utilizzo strumentale da parte di Putin delle materie prime come arma di ritorsione contro l’Occidente;
le devastazioni del territorio Ucraino e gli ostacoli allo svolgimento delle regolari attività agricole, considerando anche che l’invasione ha coinciso con il periodo della semina. Secondo il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis “la Russia sembra prendere di mira e distruggere deliberatamente le scorte alimentari e i luoghi di stoccaggio dell'Ucraina”7.
Secondo l’agenzia di stampa Euractiv, per effetto di quanto sta succedendo dovranno essere compensati almeno 25 milioni di tonnellate di grano che sono venute a mancare8.
Ma chi sono i perdenti di questa situazione?
A rimetterci saranno soprattutto i paesi che dipendono quasi interamente dalle importazioni, nonché più in generale anche le fasce della popolazione con minor reddito che vivono all’interno dei paesi sviluppati. Il 50% del grano che il programma di aiuti alimentari delle Nazioni Unite destina a circa 125 milioni di persone nel mondo, proviene dall’Ucraina. Il prezzo del grano e di molti altri prodotti agricoli è enormemente cresciuto nei primi mesi dell’anno e non è difficile prevedere come questi aumenti, al di là della spirale inflazionistica che generano, produrranno l’effetto di approfondire le disuguaglianze: se da una parte gli aumenti saranno in qualche modo assorbiti nelle aree più ricche del pianeta, si tradurranno, invece, in un problema molto serio per le popolazioni che abitano le regioni più povere.
Sul piano geopolitico occorre ricordare che il mercato del grano è molto polarizzato: sono pochi i grandi produttori, ma sono ancora meno i paesi in grado di esportare grandi quantità di grano. Sul lato della domanda vi sono, invece, paesi che per le loro caratteristiche geografiche e climatiche sono importatori di quasi la totalità del proprio fabbisogno. L’area che presenta il maggior deficit è quella dell’Africa Mediterranea e del MedioOriente. La popolazione di questi paesi è destinata a sperimentare non solo l’aumento dei prezzi quanto anche il rischio che si producano fenomeni di penuria alimentare, condizione che per fortuna non si è ancora manifestata. Per paesi per i quali il grano costituisce una componente essenziale, e in molti casi prioritaria, della dieta quotidiana, non è difficile quindi pensare che, nel caso in cui la situazione non dovesse migliorare, si potrebbe riaffacciare lo spettro della fame.
Gli effetti geopolitici
Sul piano geopolitico quanto ho appena descritto ci porta a svolgere alcune prime osservazioni, che riprenderò con maggiore approfondimento nelle prossime settimane. In primo luogo occorre considerare come i prodotti agricoli costituiscano una componente essenziale degli equilibri geopolitici mondiali e la rottura dell’equilibrio sia destinata a produrre sconvolgimenti e destabilizzazioni enormi. Non siamo abituati a considerare adeguatamente l’importanza di queste commodities, concentrando l’attenzione su altri prodotti soprattutto su quelli energetici.
Peraltro si parla in questi giorni soprattutto di grano, quando in realtà sono molti i prodotti agricoli coinvolti. L’Ucraina fornisce ad esempio il 50% dell’export mondiale dell’olio di semi di girasoli, percentuale che sale all’80% se si considera anche la Russia.
Eppure se si leggono le pagine delle organizzazioni internazionali più coinvolte come la FAO, i termini come “crisi alimentare” o “crisi del grano” sono richiamati con sempre più frequenza. D’altro canto è tornata d’attualità la questione della sicurezza alimentare definita dalla FAO come la capacità di “assicurare a tutte le persone e in ogni momento una quantità di cibo sufficiente, sicuro e nutriente per soddisfare le loro esigenze dietetiche e le preferenze alimentari per una vita attiva e sana”9. E’ interessante osservare come siano soprattutto i media francesi a prestare maggiore attenzione e a dare risalto alla situazione che ci avviciniamo ad affrontare. Di seguito riporto come esempio la copertina della rivista Le Point del 31 marzo di quest’anno che parla espressamente di guerra alimentare, richiamando i termini di questa crisi: “Ucraina: il granaio in pericolo. Mais, girasoli, fertilizzanti … geopolitica della penuria.”
Non è forse un caso che la Francia sia al contempo il paese europeo che storicamente presta la maggiore attenzione al comparto agricolo e, d’altra parte, uno dei pochi paesi europei che si configuri come grande esportatore di grano su scala globale.
Fame e destabilizzazione
L’altro lato della medaglia geopolitica riguarda proprio la connotazione dei paesi MENA (Middle East and North Africa) come i grandi dipendenti dai flussi di importazione di cereali. E’ plausibile considerare come l’aumento del prezzo del grano, accompagnato da una possibile penuria alimentare, avrebbe effetti esplosivi su tutta la regione. Uno scenario che appare altamente plausibile se non si risolve a breve la tragedia che si sta compiendo in Ucraina.
Considerando che l’area è particolarmente fragile sul piano della stabilità politica, non si possono escludere lo scoppio di rivolte popolari che possono rimettere in discussione di nuovo i precari equilibri dell’area. D’altra parte è storicamente dimostrato come la scarsità nell’approvvigionamento alimentare sia il più grande generatore di malcontento popolare. Un contesto di destabilizzazione destinato a scatenare a catena altri gravi fenomeni, come una ripresa del terrorismo che si alimenterebbe di una nuova enorme massa di scontenti e una sicura ed enorme ripresa dei flussi migratori. Senza contare poi gli effetti interni sui paesi dell’area e indirettamente sui mercati energetici.
Insomma la crisi alimentare agirebbe da nuovo incubatore di una crisi più sistemica.
In chiusura vorrei evidenziare come la guerra stia generando delle ripercussioni sistemiche che vanno ben al di là dell’area direttamente interessata dal conflitto, coinvolgendo paesi che sono del tutto estranei a quanto sta avvenendo. La tragedia ucraina, innescata dalla scellerata azione russa, si sta comportando come un terremoto che genera a migliaia di chilometri di distanza uno tsunami che travolge tutto e tutti. Una nuova dimostrazione di come, in un mondo sempre più interconnesso, i rischi costituiscano ormai la costante degli scenari economici e finanziari.
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Per un esame della elaborazione del concetto di sviluppo sostenibile si rimanda al mio articolo su queste pagine “Alle origine dello sviluppo sostenibile” - https://raffaelebruni.substack.com/p/alle-origine-dello-sviluppo-sostenibile?s=w
Il rapporto Brundtland, risultato finale dei lavori della Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite, costituisce la base di tutta la successiva attività internazionale in tema di sviluppo sostenibile. Per un approfondimento si rimanda al mio articolo su queste pagine “Sviluppo sostenibile: cosa significa” - https://raffaelebruni.substack.com/p/sviluppo-sostenibile-cosa-significa?s=r
L’ “Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” è un documento approvato all’unanimità dai 193 stati membri nell’agosto del 2015 che fissa 17 obiettivi si sostenibilità (SDG - Sustainable Development Goals” raggiungere entro l'anno 2030.
La povertà relativa di una famiglia viene definita quando il reddito disponibile è inferiore al 60% di quello medio dell’economia in cui si vive. Al contrario la povertà estrema o assoluta secondo la classificazione della Banca Mondiale, si ha quando un individuo dispone di meno di 1,90 dollari al giorno.
https://sdgs.un.org/goals/goal2. Contestualmente il “Covid-19 ha fatto crescere per la prima volta in una generazione il dato annuale della povertà estrema”.
Il Mar Nero, il Ponto Eusino dei greci, ha svolto un ruolo determinante nel garantire le forniture di grano alla potenza ateniese. E qui già VII secolo a.c. si sono insediate le prime colonie ateniesi.
“Remarks by Executive Vice-President Dombrovskis at the press conference on safeguarding food security and reinforcing the resilience of food systems”, 23 marzo 2022 - https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/fr/speech_22_1986
“The Brief – Grains of support”, 25 marzo 2022 - https://www.euractiv.com/section/global-europe/opinion/the-brief-grains-of-support/
La definizione è stata assunta durante il World Food Summit che si è tenuto a Roma nel 1996.